martedì 31 gennaio 2017

I residui dei riti sciamani dell'antichità


In Bulgaria li chiamano kukeri. Portano maschere coloratissime e copricapi iperbolici. È un rito che l’Unesco nel 2015 ha dichiarato patrimonio dell’umanità


lunedì 30 gennaio 2017

Forse i primi cristiani avevano una visione diversa dell'inferno

"L'inferno è vuoto... tutti i diavoli stanno qui".
william shakespeare

 "L'inferno c'èma è vuoto".
Hans Urs von Balthasar:

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Le idee di Origene stanno ritornando. Origene alievo di Ammonio Sacca anima e da vita a quel cristianesimo dei primi secoli che risultera perdente, ma colmo di una sapienza a cui non si potra rinunciare, perciò nonostante l'emarginazione le sue intuizioni erano indispensabili . Grande figura che segna il pensiero teologico nel passaggio fra il mondo Pagano e quello cristiano. Origene parla dell'anima e delle sue trasmigrazioni o metemsomatosi. Morirà da martire come il padre per le torture subite, ma la chiesa non lo proclamerà mai santo. Arrivo ad evirarsi e questo atto fu fortemente criticato nell'ambito cristiano, (forse i problemi che emergono prepotentemente oggi di pederastia e di malcostume eclesiastico esistevano anche allora) riprendeva intelligentemente antiche forme di religiosità presenti negli antichi culti orientali. La sua idea è legata all'ascesa della parte più spirituale dell'essere (anima appunto). Un cammino di liberazione che si muove dal basso verso l'alto dove la materia lentamente si "pulisce" concetto anche questo legato al mondo cristiano Gnostico . Afferma che l'inferno è un luogo di passaggio e non di permanenza, e il fuoco è necessario per pulire l'anima, Hans Urs von Balthasar riprendendo questo rivoluzionario conceto dirà che: l'inferno esiste ma non c'è nessuno.Nonostante che molti scritti di questo iniziato furono volutamente persi, rimangono ancora molti suoi saggi carichi di sapienza e di concetti teologici straordinari vicini alle problamatiche esistenziali anche dei nostri tempi

domenica 29 gennaio 2017

Rodrigo Borgia non fu l’unico esponente della gerarchia ecclesiastica ad agire in tal modo, come allora e come sempre.


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Papa Alessandro VI, uomo "superbo e sleale", fu il Pontefice dedito al culto della lussuria, e allo stesso tempo un campione dell'ortodossia cattolica.
Le due cose poterono andare d'accordo con la sua ferma conduzione al timone della barca di Pietro. Perché la santità o meglio l'infallibilità in materia di fede e di morale, a giudizio di molti, era ed è salvaguardata proprio dal secondo integerrimo servizio, indispensabile per piacere a Cristo. Certo, una conferma del Nazareno sarebbe davvero gradita!
Questi “sacrificava deliberatamente il prestigio della Chiesa e il rigore dei princìpi alla conquista di vantaggi temporali per i membri della sua famiglia”. (Storia della Chiesa dalle origini fino ai giorni nostri, vol. XV, cit., p. 194)
“Costumi oscenissimi, non sincerità non vergogna non verità non fede non religione, avarizia insaziabile, ambizione immoderata, crudeltà più che barbara e ardentissima cupidità di esaltare in qualunque modo i figliuoli i quali erano molti” (Francesco Guicciardini, Storia d’Italia, Laterza, Bari, 1929, vol. I, p. 7.)

sabato 28 gennaio 2017

venerdì 27 gennaio 2017

Rimini: le contraddizioni palesi di voler nascondere l'anima di un edificio sacro

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Una serie di dei rappresentati nei rilievi da Agostino di Duccio dentro al Tempio mausoleo Malatestiano ci danno il senso di cosa volesse costruire il signore di Rimini. Troviamo cos' L'ermes,   Saturno e nei carri trionfali  Marte, Venere e la Luna. L'edificio non era stato concepito come chiesa bensì come tempio pagano. Tuttavia diverrà forzatamente prima il duomo e poi nel 1809 cattedrale dedicata a Santa Colomba.

I BESTIARI MEDIEVALI COME TESTIMONIANZA DI UN ALTRO MODO DI ACCOSTARSI ALLA NATURA




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L'uomo medievale pensava che l'impossibile non esiste. O, se si preferisce, pensava che quanto è impossibile all'uomo, è sempre possibile a Dio; e che, essendo ogni cosa soggetta al volere di Dio, l'impossibile può manifestarsi nella natura e fare irruzione nella vita quotidiana. La scienza medievale non aveva obiezioni di massima a ciò; solo con il tomismo, che è una forma di razionalismo tendenzialmente naturalista (per la quale l'uomo, ad esempio, sta a mezza strada fra l'angelo e l'animale), incominciano ad aprirsi le prime crepe in tale edificio; per esempio, laddove San Tommaso afferma che nemmeno Dio può far sì che ciò è accaduto, non sia stato (nella Summa Theologiae, I, XXV, 4).

La scienza medievale, erede di quella aristotelica, non osserva la natura con la pretesa di spiegarla, ma con l'obiettivo di comprendere a qual fine avvengano i fenomeni; conosce l'esperimento, ma non lo assolutizza; conosce anche le ipotesi e le teorie, ma non ritiene che esse debbano sempre accordarsi con i fatti, perché sa che taluni fatti, benché certi, non possono essere spiegati e tanto meno sottoposti a verifica sperimentale. La scienza medioevale dà grande peso alla tradizione e all'autorità; giudica che se una cosa è stata tramandata da molte generazioni o se gode della testimonianza di una fonte autorevole, non abbia bisogno di ulteriori verifiche per essere accettata come vera o, quanto meno, come probabile: angeli e demoni esistono, ma chi li può osservare e studiare da vicino, se non il mistico, il santo e l'esorcista?

L'ordine naturale è solo una parte della realtà: la parte visibile, la parte esperibile mediante i sensi; ma, accanto ad essa, vi è un'altra dimensione, quella preternaturale, in cui agiscono forze e spiriti di natura non umana; e, al di sopra di entrambe, la dimensione soprannaturale, che appartiene solamente a Dio. Noi le consideriamo come se fossero separate, ma in qualunque momento possono aprirsi dei varchi, e l'una può entrare di forza nell'ambito dell'altra. Prediamo il caso dell'uomo: in lui vi è una dimensione naturale, che corrisponde alla vita del corpo e, sul piano sociale e politico, segna l'appartenenza ad una comunità, ad una sovranità, a un sistema di leggi e consuetudini; ma vi è anche e soprattutto una dimensione soprannaturale, quella dell'anima, che, vivificata dalla grazia, può protendersi fino al divino, mediante la santità, o che, allontanandosi da Dio, può scegliere di precipitare nell'Inferno del peccato.

Per gli animali vale lo stesso ordine di ragionamento: quel che di essi vediamo è solo il corpo, la dimensione sensibile; ma in essi vi è anche una dimensione ulteriore, simbolica, attraverso la quale la sapienza divina ci comunica un messaggio, che noi dobbiamo saper riconoscere; allo stesso modo, il Diavolo può servirsi di loro per aprire un varco nelle difese dell'anima e infliggere all'uomo le terribili ferite del peccato. Per secoli, ad esempio, l'arte sacra medievale ha rappresentato Gesù Cristo come un agnello sacrificale e ha visto nel gallo, che canta prima della luce diurna, il simbolo delle forze del Bene, così come nella tartaruga le forze del Male; di un pesce misterioso si serve l'arcangelo Raffaele, nel Libro di Tobia, per scacciare il diavolo Asmodeo dalla camera nuziale di Sara, così come un serpente, nel Paradiso Terrestre, induce in tentazione i primi uomini, Adamo ed Eva, spingendoli a ribellarsi al divieto divino di mangiare i frutti dell'Albero del Bene e del Male e provocando, così, la caduta morale dell'intera umanità.


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I bestiari medievali, derivati da un fortunatissimo testo apparso, in lingua greca, nel tardo Impero Romano, il Physiologus, sono una delle più caratteristiche espressioni del sapere medievale intorno alla natura, assieme ai lapidari (atlanti del mondo minerale) e agli erbari (questi ultimi, essenzialmente concepiti in funzione pratica e officinale); non oseremmo dire della scienza medievale, perché non avevano alcuna pretesa scientifica, e sia pure di quella scienza che il Medioevo conosceva e praticava, assai diversa dalla scienza moderna, post-galileiana e newtoniana (meccanicista, riduzionista, tendenzialmente materialista).
Nei bestiari, sovente illustrati da splendide miniature, la vita e le abitudini degli animali sono accompagnate da spiegazioni di tipo moralizzante e da riferimenti alla Bibbia; più che opere di tipo scientifico – e sia pure di quella particolare forma o idea di scienza che è stata la "filosofia naturale" di aristotelica memoria – potremmo semmai parlare di un sapere popolaresco concernente la natura, alimentato da svariate tradizioni e sorretto, più che da una osservazione diretta, da un paradigma culturale basato sull'importanza fondamentale del segno e dell'allegoria, ovunque presenti nella realtà naturale come cifra di un insegnamento morale. […]

L'aspetto più sconcertante dei bestiari medievali, per la mentalità moderna, è la disinvoltura con cui animali reali vengono descritti accanto ad animali favolosi e leggendari, come se non vi fosse alcuna discontinuità fra le rispettive categorie. Mentre per la cultura moderna una cosa è un oggetto osservato e verificato come "reale", e un'altra cosa, completamente diversa, è un oggetto d'immaginazione o di origine fiabesca, dai bestiari risulta chiaramente che l'uomo medievale rifugge da distinzioni così nette e irrevocabili; e qui torniamo a quanto dicevamo all'inizio, circa il diverso atteggiamento dell'uomo medievale rispetto a ciò che è da considerarsi possibile o impossibile. […]

L'uomo medievale sa che il mistero è presente ovunque e, proprio per questo, non esclude nulla a priori; non dice che una cosa è impossibile solamente perché non rientra nelle sue categorie mentali; il che non equivale semplicemente a qualificarlo come un credulone, perché la sua non è solo – certo, è anche – credulità, ma una forma mentale più ampia e più elastica della nostra, imbrigliata e irrigidita da alcuni secoli di pensiero razionalista e scientista. Sfogliando le pagine di un bestiario medievale, insomma, si ricava una immagine viva e complessiva della mentalità, della psicologia e della cultura dell'uomo medievale, per certi aspetti così diverse dalle nostre, ma non necessariamente più "ingenue", qualunque cosa ciò significhi. L'uomo medievale possiede ancora l'incanto del mondo; in lui sopravvivono forme di pensiero magico, che coesistono con il pensiero logico e razionale: ancora nel Rinascimento, le due cose non si escluderanno affatto a vicenda, come prova, nell'ambito della cultura "alta", il caso dei maghi-scienziati del 1400 e 1500. […]

Andiamoci piano, dunque, prima di concludere, dalla lettura di un bestiario medievale, che i contemporanei di Alberto Magno, di Tommaso d'Aquino, di Dante, erano dei creduloni superstiziosi, solo perché avevano un'altra maniera di guardare al mondo degli animali e, più in generale, al mondo della natura. Non è detto che la loro maniera sia da considerarsi inferiore alla nostra, anche se era, certo, molto diversa.
Anche perché, a sostenere una cosa del genere, saremmo noi, all'interno del nostro paradigma culturale, dall'alto del quale pretendiamo di giudicare il loro; ma chissà cosa diranno del NOSTRO paradigma culturale, gli scienziati, o anche soltanto le persone comuni, fra qualche secolo o fra qualche millennio.




Tradizioni pagane si fondaono con i riti cristiani e arrivano fino a noi

Dolceacqua: 29 gennaio, torna la

 tradizionale processione 

dell'albero di alloro per San

Sebastiano

Risultati immagini per Dolceacqua: 29 gennaio, torna la tradizionale processione dell'albero di alloro per San Sebastiano

Alla processione parteciperanno numerose Confraternite provenienti dalla Francia, da Monaco, dal Piemonte e dalla Liguria alcune recanti anche gli enormi crocifissi.


A Dolceacqua domenica 29 gennaio, come tutti gli anni, si celebrerà la festa di San Sebastiano, con la tradizionale processione in cui verrà portato con grande forza e perizia attraverso le vie cittadine l’albero di alloro arricchito di ostie variopinte realizzate dal Priore dell’omonima confraternita Giovanni Mario Solamito. La processione prenderà l’avvio dal seicentesco Oratorio di S.Sebastiano, sede dell’omonima Confraternita, accudito dalle Prioresse Attilia Bonsignorio e Annamaria Maugeri ed addobbato con le composizioni floreali da Lorella Bonsignore, dopo i Vespri Solenni che avranno inizio alle ore 15.30. 

Al termine della processione, allietata dalle musiche della Banda Cittadina, le fronde dell’albero saranno recise e offerte ai presenti che le conserveranno in segno augurale. La manifestazione sarà preceduta al mattino, alle ore 11.15, dalla S.Messa celebrata da don Gianluigi Peirano insieme al parroco Don Alessio. Alla processione parteciperanno numerose Confraternite provenienti dalla Francia, da Monaco, dal Piemonte e dalla Liguria alcune recanti anche gli enormi crocifissi.

giovedì 26 gennaio 2017

Un grande matematico napoletano nipote dell'anarchico Michail Bakunin

Renato Caccioppoli, matematico
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Storia della matematica
Cinquant’anni fa, l’8 maggio 1959 moriva Renato Caccioppoli, una delle figure più interessanti e affascinanti della Matematica del ventesimo secolo. Nipote di Michail Bakunin, era vissuto in un ambiente culturale originale e raffinato. Il Padre, un noto chirurgo napoletano, non voleva inizialmente che Renato frequentasse l’Università per il timore che si iscrivesse a Medicina (e proseguisse poi con una professione che il padre considerava troppo “esposta” umanamente). Il compromesso fu l’iscrizione a  Ingegneria da cui, dopo il biennio, Renato passa a Matematica. Nel 1925 si laurea sotto la guida di Ernesto Pascal, ma riconosce quale suo maestro soprattutto Mauro Picone.
La sua carriera è rapidissima: assistente di Picone fin dalla laurea, è libero docente di Analisi nel 1928 e tre anni dopo è già titolare di cattedra a Padova, dove sostituisce Giuseppe Vitali. Nel 1934 ritorna a Napoli per insegnare successivamente Teoria dei gruppi, Analisi superiore, e dal 1943, Analisi matematica.
Renato Caccioppoli  è considerato uno dei più creativi e importanti matematici italiani della prima metà del Novecento. La sua ricerca, iniziata a metà degli anni Venti con alcuni lavori sul prolungamento dell’insieme di definizione di un funzionale e l’uso di quella tecnica dell’estrapolazione che  presto applicherà alla teoria dell’integrazione, approda a notevoli risultati in tema di teoria geometrica della misura, analisi funzionale, equazioni differenziali.
Più in particolare, gli studi su una teoria geometrica della misura ( per una superficie assegnata parametricamente) lo portano, nella seconda metà degli anni Venti, alla considerazione delle superfici orientate e al duplice carattere – di estensione e di orientazione – da attribuire all’elemento d’area; sono studi che riprenderà dopo la guerra, nel 1952, con un ideale passaggio di testimone a Ennio De Giorgi. Dell’inizio degli anni Trenta è la “scoperta” dell’Analisi funzionale con quei teoremi di punto fisso che successivamente, per la loro limitata applicabilità alle equazioni differenziali e alle equazioni integrali, lo porteranno a formulare un generale principio di inversione delle corrispondenze funzionali. Sempre negli anni ’30 iniziano le sue ricerche sulle equazioni differenziali: abbiamo la generalizzazione di un teorema di esistenza di Bernstein per un problema ai limiti di un’equazione (ordinaria) del secondo ordine e, via via, tutti i lavori sulle equazioni ellittiche  (un teorema di esistenza all’interno della classe delle funzioni dotate di derivate seconde hölderiane; varie maggiorazioni a priori; la dimostrazione del carattere analitico delle soluzioni di classe C2  delle equazioni analitiche in due variabili con una prima risposta al 19.esimo problema posto da Hilbert al Congresso Internazionale dei matematici del 1900; ecc.).
Questi importanti risultati vengono presentati  in uno stile che non è sempre lineare e semplice da seguire e che comunque nulla ha a che fare con un’esposizione “asettica” e frammentata in definizioni, proprietà, lemmi, teoremi, corollari, esempi ecc. che tende quasi a nascondere il percorso della scoperta e le idee che l’hanno generata e che, tra l’altro, proprio in quegli anni, si va diffondendo nella letteratura matematica. C’è invece sempre, da parte di Caccioppoli, il tentativo di “pensare in grande” e di non nascondere gli orizzonti della sua ricerca. Caccioppoli non ama il lavoro “di lima e di rifinitura”.
Questo, in estrema sintesi, è il Caccioppoli più propriamente matematico. Ma la sua popolarità è dovuta anche agli aspetti umani del personaggio e alle sue prese di posizione in campo socio-politico, spesso controcorrente. Già  tenuto sotto controllo, a Padova da parte dell’occhiuta polizia politica fascista, è a Napoli che l’antifascismo di Caccioppoli viene allo scoperto con l’arma che sente più propria e più sottile: l’ironia. Così, il matematico comincia a guadagnare notorietà negli ambienti antifascisti. Frequenta Mario Palermo, comunista eterodosso, che diverrà uno dei suoi più cari amici, e partecipa alle riunioni clandestine degli oppositori del regime che si svolgono fra un bar e l'altro, in casa di qualche amico o compagno, nel magazzino di una libreria. È del 1937 l'incontro con Andrè Gide, mentre è del 1938 l’arresto – assieme alla giovanissima compagna, Sara Mancuso, che sposerà nel 1939 – per alcune manifestazioni di antifascismo in una trattoria. La famiglia di Renato, soprattutto la zia Maria (Marussia), interviene e gli evita il carcere producendo un certificato medico in cui è dichiarato pazzo. Così “il professore” viene ricoverato in una clinica psichiatrica e per circa un anno non frequenta l’Università, pur proseguendo l’attività scientifica con gli amici Carlo Miranda e Gianfranco Cimmino.
Nel clima di grande ricostruzione materiale e morale che segue alla liberazione di Napoli e al successivo arrivo degli americani, Caccioppoli si impegna attivamente in politica, assieme a moltissimi altri intellettuali napoletani. Il Partito Comunista è visto come la forza in grado di rigenerare il Paese e dargli una prospettiva di trasformazione. Caccioppoli comincia a frequentare le sezioni del partito (di cui, tuttavia, non prenderà mai la tessera), la sede napoletana de l'Unità e a tenere comizi per il partito. Sono gli anni del rinnovato legame con Mario Palermo e con Renzo Lapiccerella, altro comunista eterodosso, allora direttore della redazione napoletana de l'Unità. Le appassionate discussioni politiche con i giovani che la frequentano (Francesca Spada, Ermanno Rea, Franco Prattico, Ivan Palermo, Mariano D’Antonio) si svolgono nella sede del quotidiano comunista, intorno ai tavoli del bar “Gambrinus” o in qualche trattoria, e si spingono spesso fino a notte inoltrata. L’impegno più forte di Renato è per il movimento dei “partigiani della pace”, nato ufficialmente a Parigi nell’aprile 1949, con l’obiettivo dell’interdizione all’arma atomica e di un patto di pace fra le cinque grandi potenze capace di evitare il pericolo di una nuova disastrosa guerra alimentato dal clima di “guerra fredda”.
Ma su questa Napoli impegnata nel rinnovamento incombevano le orde fameliche e prive di scrupoli dei ceti parassitari e degli speculatori edili, le cui espressioni politiche furono il “laurismo” prima e il “gavismo” poi, per usare una felice espressione di Percy Allum. È l’«ammiraglio» che consegna la città agli americani per farne la capitale militare dell’alleanza atlantica nel Mediterraneo.
A poco a poco, emigrazione dopo emigrazione, disimpegno dopo disimpegno, il pessimismo diventa il sentimento prevalente. È così che Renato decide di abbandonare una vita che riteneva non più meritevole di essere vissuta. Poco dopo, anche Francesca Spada e Luigi Incoronato decideranno di chiudere le loro vite.
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Pietro Nastasi
Matematica, Università Bocconi