domenica 27 novembre 2016

Il santuario di Montegrotto Terme e l'oracolo di Gerione

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...........................................................Frequentatori illustri e l’oracolo di Apono.
Il culto delle acque di Apono, divinità tutelare delle fonti termali in età paleoveneta, si mantiene dunque durante il periodo romano. Gli antichi autori latini definivano prodigiose le acque termali euganee che, come scrive Claudiano, “senza danno fanno recuperare il perduto vigore e si placa per il sofferente, che ritorna alla salute, la malattia”. L’origine di tali proprietà terapeutiche veniva sempre attribuita alla presenza di Aponus, ma alle loro proprietà curative si aggiunse anche la loro facoltà oracolare. In epoca romana infatti il culto assume una connotazione oracolare che Svetonio, autore latino vissuto tra la fine del I sec. d.C. e l’inizio del II, associa alla mitica figura di Gerione (secondo la leggenda fu Ercole che, passando per la terra di Apono, fondò il culto di Gerione, misterioso dio, imprigionato nelle viscere della terra, che profetizzava il futuro attraverso un sacerdote o una sacerdotessa, custodi del tempio, capaci di interpretare le profezie del dio attraverso le acque termali): egli infatti ricorda che il giovane Tiberio, futuro imperatore, in viaggio verso l’Illirico per una spedizione militare, si era fermato vicino a Padova, nell’antica S. Pietro Montagnon, oggi Montegrotto, per consultare l’oracolo sulla buona riuscita della sua spedizione contro i Pannoni, condizione irrinunciabile per riuscire a diventare imperatore; invitato a lanciare i dadi d’oro nella fonte sacra ad Apono, il numero risultato fu la somma più alta. Quei dadi, ricorda Svetonio, erano ancora visibili al suo tempo sotto la superficie dell’acqua. Tiberio poi sconfisse i Pannoni e divenne Imperatore. E’ quindi evidente che nella zona termale in epoca romana esisteva almeno un santuario, il cui fulcro era la fonte sacra di Apono. Il principale doveva essere sul colle Montirone di Abano, i cui ritrovamenti archeologici mostrano un tempio dedicato al dio risalente ad almeno il I secolo DC. Anche lo stesso Claudiano, autore del IV sec. d.C., compose un intero poemetto dedicato ad Aponus e sugli ex-voto che venivano gettati dentro la fonte.
“…Il suolo molle ansima e racchiusa sotto la pomice ribollente l’onda scava vie screpolate. […] Nel mezzo come un mare che ribolle per largo tratto, si estende un lago azzurro, con grandissimo giro, che occupa un enorme spazio…”
Claudiano, Aponus, IV secolo d.C.
I Romani alle terme: cure, salute e moda.
A partire dal 49 a.C., data in cui Patavium e le terre vicine -Terme Euganee incluse- divennero municipium, si formò un ceto alto borghese di Patavini romanizzati, che ad imitazione degli alti ceti di Roma diede grande importanza alle terme favorendo l’istituzione di bagni pubblici e di stabilimenti termali. L’antico santuario lacustre di si trasformò in una ricca ed articolata località termale, dove ci si recava per rinvigorire il fisico e la mente.
Con la romanizzazione ecco che il potere benefico e curativo delle acque termali viene in qualche modo svincolato dalla sfera strettamente religiosa, pur mantenendone alcuni aspetti. Diventano una risorsa da sfruttare sia per il loro valore benefico e curativo, ma anche per il puro piacere e benessere psico-fisico. Il Bacino Euganeo si trasforma così in una rinomata stazione turistico-curativa. 2000 anni fa le zone termali situate lungo il fianco orientale dei Colli Euganei (ultimi rilievi di origine vulcanica prima della immensa piana che si estende verso est fino alla laguna veneta e al Mar Adriatico) si chiamavano “acque patavinae”, ovvero le “acque di Padova”. Fonti letterarie tramandano una vera e propria moda della borghesia romana, di trascorrere dei periodi in completo relax, i cosiddetti “otia baiana“, lontano dal peso delle attività quotidiane e  delle regole della vita civile: lusso, promiscuità e libertà dei costumi divengono in epoca imperiale romana uno stile di vita, il cosiddetto “mos baianum”, reso possibile dalla particolarità del luogo e dall’occasionalità della sua frequentazione.
Attorno alle vasche termali sorsero ampi viali, giardini, fontane, biblioteche, sale per conferenze ed esposizioni, teatri e belle ville patrizie, ampiamente documentate dai ritrovamenti archeologici. Anche numerose fonti letterarie antiche attestano la fama di cui godeva la fons Aponi (o aquae Aponiaein età imperiale: la più importante finora nota è il poema Aponus composto dal poeta di origine alessandrina Claudio Claudiano dopo una visita compiuta tra il 396 ed il 399 d.C. Caduto l’impero romano anche Teodorico, re degli Ostrogoti, apprezzò le terme, come testimoniato dalla famosa lettera in cui proclama Abano “ornamento del mio regno, famoso in tutto il mondo”.
Anche a Montegrotto probabilmente avvenne la stessa cosa: sempre più numerosi giunsero i nuovi frequentatori, non più attratti dalla sola presenza del santuario di Apono, ma soprattutto dalla diversa organizzazione delle strutture, mirate proprio all’accoglienza e al benessere della clientela. Ogni fonte viene direttamente collegata ad una o più vasche mediante cunicoli e tubature, mentre intorno si aggregano strutture per l’accoglienza e il tempo libero, quale ad esempio un piccolo teatro.
L’area Euganea tra il I e II sec. d.C. diventa sempre più residenziale, un piccolo sobborgo di Patavium (Padova). La continuità insediativa in questo territorio, ancora oggi frequentata stazione termale, ha determinato in molti casi la perdita definitiva delle tracce del passato, che emergono in modo frammentario e occasionale in un tessuto urbanistico in continua espansione.
Dei fasti delle antiche Terme di epoca romana ci restano le fonti letterarie antiche e le testimonianze archeologiche, come i numerosi reperti conservati al Museo Nazionale Atestino di Este, ai Musei Civici Eremitani di Padova, e soprattutto nella vasta area archeologica situata nel centro di Montegrotto Terme dove si possono osservare gli impianti (fondamenta) di alcuni edifici risalenti al periodo giulio-claudio. A partire dal 1760 iniziarono gli scavi e in quell’anno è stata scoperta una statua in marmo raffigurante l’imperatore Adriano nelle vesti della divinità. Il reperto si trova oggi al Museo Archeologico di Venezia insieme a numerosi altri oggetti quali anfore, vasi fittili, anelli e statuine. Da allora e per tutto l’ottocento si sono susseguiti numerosi ritrovamenti, fino al 1931 quando sono apparsi quattro preziosi pavimenti lavorati a mosaico appartenenti ad una grande abitazione romana, forse lo stabilimento termale, del I sec. d.C.. Al sito archeologico di Montegrotto appartengono anche i resti del teatro romano e l’antico impianto termale che mostra un’interessante canalizzazione dell’acqua fatta affluire in enormi vasche (nell’area archeologica principale si conservano parzialmente in vista tre grandi vasche, una delle quali con pavimentazione marmorea, collegate tra loro mediante un complesso sistema di canalizzazioni e condotte per l’acqua termale su più livelli, un impianto per il sollevamento dell’acqua con ruota idraulica, resti di un acquedotto e strutture per l’accoglienza ed il relax dei frequentatori, quali portici, complessi di ambienti con funzione probabilmente di spogliatoi, aree di riposo e ninfei, ed un piccolo teatro forse coperto per spettacoli e concerti, e quindi spazi per ritemprare anche lo spirito nelle diverse esigenze: religiosa, culturale e ludica). Pur rappresentano solo una piccolissima parte della ricca località termale imperiale, sicuramente è una delle più rappresentative della X Regio Venetia et Istria.
La cura delle acque nei secoli della decadenza dopo la fine dell’Impero Romano.
Con la fine dell’Impero Romano, nonostante le difficoltà economiche ne avessero decretato la decadenza, l’insediamento termale non cessò di vivere, ma anzi restò popolare e frequentato non più per moda ma per la sua acqua, che con l’avvento del cristianesimo, continuava a riconoscere proprietà benefiche e curative. All’inizio del VI sec. d.C. Cassiodoro, segretario del re Teodorico, scriveva all’architetto padovano Aloisio per sollecitare il restauro delle strutture dell’area termale. Negli stessi anni anche il vescovo di Pavia Ennodio ricordava in una lettera ad un amico le buone cure prestategli presso i bagni di Apono.
Alla fine del VI secolo irruppero le orde longobarde di re Agilulfo, seminando rovina e distruzione, e anche le Terme Euganee, come le vicine Padova e Monselice, caddero nell’oblio per lunghi secoli (non vi sono notizie certe ma le invasioni barbariche cominciarono a partire dal 452 con gli Unni, che costrinsero gli abitanti della zona ad abbandonare le due cittadine poi definitivamente rase al suolo all’arrivo dei Longobardi). Segue una fase di silenzio nelle fonti ma la vita ben presto si riorganizza in una serie di villaggi: nei documenti medievali sono citati Abano, dal nome dell’antico dio delle acque, S.Pietro Montagnon, il luogo del santuario protostorico dei veneti e Mons Aegrotorum, cioè il “monte degli ammalati”, con un significativo richiamo ancora una volta alle proprietà curative e benefiche dell’acqua degli Euganei.
Bisognerà attendere addirittura l’avvento della dominazione veneziana perché i centri di cura vengano riattivati. Neppure durante la signoria dei Carraresi, infatti, tra il 1318 e il 1405, si riuscì a ripristinare le terme (nel 1314 durante i contrasti tra signoria Carrarese, Padovana, e Scaligera, Veronese, anche Abano e Montegrotto ne avevano fatto le spese sotto la furia di Cangrande della Scala). In quel tempo gli illuminati signori Da Carrara avviarono importanti studi sui fanghi continuati dalla scuola di Medicina dell’Università di Padova. Dal 1405 Abano e Montegrotto, come tutto il territorio padovano, passano alla Repubblica di Venezia. Saranno quattrocento anni di sonnolenta ‘Pax Venenezia’, nei quali la vita cittadina scorre tranquilla. Le ingenti opere di bonifica avviate dalla Serenissima iniziarono invece alla metà del Cinquecento con la costruzione di strade e canali e con la deviazione di fiumi. Rientrò nel programma della Serenissima anche il restauro e il ripristino delle stazioni termali e i nobili padovani e veneziani ne approfittarono per costruire le loro lussuose ville nei dintorni, riportando nuovamente in voga la moda dei bagni termali.
Con la caduta di Venezia nel 1797 anche Abano e Montegrotto Terme caddero sotto il dominio francese, assoggettate allo straniero fino al 1866 anno in cui tutto il Veneto, causa il plebiscito, venne annesso al Regno d’Italia. Da allora la fama e il prestigio delle due stazioni di cura termale sono cresciute ininterrottamente.................................................................
Da: https://www.visitabanomontegrotto.com/terme/trattamenti-termali/storia-abano-montegrotto-terme/

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