venerdì 21 ottobre 2016

La terza perduta colonna fra quella di San todaro e San Marco a Venezia

Piazzetta San Marco a Venezia: «Ho scoperto dov’è la terza colonna»

Per il capitano e sub Roberto Padoan il manufatto è sepolto ancora davanti al Molo a circa sette metri di profondità
Risultati immagini per La terza colonna in piazza san marco

Una ricostruzione ipotetica del posizionamento delle tre colonne

Enrico Tantucci

Venezia. La colonna perduta di Piazzetta San Marco giace di fronte al Molo, sepolta sotto il fango a circa sette metri di profondità, a contatto con lo strato di caranto, l’argilla limosa e compatta che è nei fondali lagunari.

Dall'Oriente nel 1172. La terza colonna, quella che - secondo la tradizione - venne trasportata in barca dall’Oriente insieme con quelle con le statue di San Teodoro e della chimera alata, intorno al 1172, qualche decennio dopo la fine della seconda crociata, come dono al doge Sebastiano Ziani. Ma che, per il peso e una manovra maldestra si inabissò nel Bacino di San Marco al momento dello sbarco. E lì è restata, per l’impossibilità di recuperarla.

La tesi di Padoan. Di questo, almeno, è fortemente convinto il capitano e subacqueo veneziano Roberto Padoan, un’esperienza pluridecennale di lavori sott’acqua in laguna e in mare. Inventore, tra l’altro, di una resina acrilica da usare al posto del calcestruzzo per "salvare" le fondazioni immerse nell'acqua, senza interventi invasivi e senza rischio di inquinamento, che si sta sperimentando all'hotel Savoia e Jolanda di Riva degli Schiavoni.

Le indagini. E Padoan vuole ora chiedere al sindaco Luigi Brugnaro e alla Soprintendenza veneziana il permesso di effettuare - a sue spese - prima sulla banchina del Molo di San Marco e poi in acqua nello specchio prospiciente, una tomografia sismica a rifrazione, con l’applicazione di alcuni sensori - tra i 12 e i 24 - capaci di captare le onde elastiche che si propagano nel terreno e la loro capacità di propagazione, per individuare al di là di ogni ombra di dubbio la presenza della pesante colonna (circa cinquanta tonnellate) di granito orientale rosa e grigio - come le altre due - adagiata in senso orizzontale e vicino alla quale dovrebbe esserci anche la statua di un altro simbolo di Venezia. Dopo il “Tòdaro” che schiaccia il coccodrillo e il leone alato, una figura maestosa con il corno dogale in capo. Che sarebbe, in realtà, un ufficiale dell’esercito bizantino con in testa il berretto grigio del corpo che assomigliava, appunto, al corno del doge. Siamo ai confini tra fede e leggenda - come si può capire - ma Padoan non ha dubbi.

Con l'aiuto di sponsor. «La terza colonna è là, ne sono certo - insiste - e chiedo solo di poterlo provare con un’indagine non invasiva che durerà non più di una settimana. Dopo di che, se ho ragione e se si decide di riportarla a galla, sono pronto, con alcuni sponsor ad assumermi interamente l’onere economico e tecnico della rimozione, per una spesa che dovrebbe aggirarsi intorno ai 2 milioni di euro. Ma si può capire come un ritrovamento di questo tipo avrebbe poi una risonanza planetaria per Venezia.

"Progetto Aurora". Si potrebbe poi esporre all’Arsenale, all’interno di una mostra documentaria che ne racconti la vicenda». In quello che ha chiamato «Progetto Aurora», Padoan non è solo: lo affiancano l’Icorest srl, una società di Ingegneria Integrata di Padova che si occupa di rilievi topografici, prove geognostiche e verifiche sismiche. E la Morgan sas, altra società specializzata in indagini geoelettriche, monitoraggi ambientali, rilievi topografici e batimetrici. Sono gli staff tecnici che dovrebbero servire a dimostrare la sua teoria.

Le modalità del recupero. Il subacqueo veneziano ha già anche già predisposto le modalità per il recupero della colonna, dopo averla ripulita dal fango e messa a nudo. Stendendo del geotessuto sul fondo dello scavo e predisponendo delle selle costituite da teli di teflon e poliestere, chiusi nella parte superiore e agganciati a una barra d’accaio sulla quale verrebbero posizionati i cavi di sollevamento. Le gru saranno posizionate su pontoni e la colonna verrebbe messa a dimora lungo il molo, così come si fece per le altre due. Che restarono a lungo in quella posizione sino a quando un ingegnere bergamasco, Niccolò Barattieri, riuscì a farle sollevare senza danneggiarle utilizzando grosse corde bagnate fissate all’estremità delle colonne che, asciugandosi, esercitavano una forte trazione, consentendo di alzarle di pochi centimetri e infilarvi sotto delle zeppe di legno.

Piazzetta San Marco a Venezia: «Ho scoperto dov'è la terza colonna» - Cronaca - La Nuova di Venezia

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