lunedì 27 giugno 2016

Le Pleiadi: le sette stelle della costellazione del Toro

http://forum.politicainrete.net/2627248-post145.html LE PLEIADI E LA LEGGENDA DELL'ATLANTIDE PERDUTA Il più bell’oggetto del cielo Le Pleiadi sono senz’altro l'oggetto più spettacolare e suggestivo del cielo visibile alle nostre latitudini. La loro carat­teristica forma, la loro composizione insolita, il loro bagliore discreto eppure intrigante, non mancano di colpire anche chi si avvicina per la prima volta all'astronomia e addirittura chi ri­volge casualmente lo sguardo al cielo invernale. Capita sovente, infatti, nelle serate osservative pubbliche, di sentirsi chiedere particolari su quello strano gruppetto di stelle, da molti identificato, proprio per la sua forma, con l'Orsa Minore. Il grande astronomo Otto Struve ha affermato che le Pleiadi sono state l'oggetto più fotografato e studiato del cielo al di là del sistema solare. Possiamo tranquillamente affermare che questo primato continua tuttora con le legioni di astrofotografi che cercano in tutti i modi di catturare, con ogni tipo di camere e configurazione ottica, la debole nebulosità che circonda il gruppo. Il famoso astronomo dilettante americano Leslie Peltier disse che le Pleiadi costituirono il ricordo del primo oggetto celeste da lui osservato. Quanti astrofili in tutto il mondo condividono la sua opinione? Molti, senza dubbio. Sul mio libretto di ap­punti delle osservazioni che iniziavo a compiere, dodicenne, con un rifrattore di 50 mm, scrivevo, in un'imprecisata notte dell'inverno del 1972: “...non mi ricordo quando le ho osservate la prima volta, ma da allora le osservo quasi ogni notte”. Pensare che utilizzavo, all'epoca, un oculare da 12 mm che mi dava una pupilla d'uscita di solo 1 mm! Eppure l'occhio era sempre lì, per primo, tutte le notti, e lo è ancora adesso, nelle lunghe notti autunnali e invernali. Certamente, con il tempo, ho capito come i migliori strumenti per osservare le Pleiadi siano telescopi a grande campo e binocoli. Anche in un 7 x 50 il loro aspetto è affascinante, perfino all'occhio del profano, ma in un 20 x 80 la visione è altamente spettacolare, e col mio attuale 20-30-37 x 100 è da mozzare il fiato. Con piccoli telescopi è necessario utilizzare bassi ingrandimenti, in modo sia da avere l'intero gruppo nel campo, sia da ottenere una pupilla d'uscita almeno di 5-6 mm. Di recente, perfino con un 114, usando un oculare da 40 mm (pupilla d’uscita di 5 mm), ho avuto, con cieli molto scuri, visioni assolutamente straordinarie. Poiché le nove stelle più brillan­ti sono racchiuse in un campo di circa un grado, sarà possibile averle tutte nell'oculare utilizzando anche telescopi fino a 25 cm di diametro, con focali fino a due metri, con oculari di focale sui 50 mm. Con strumenti del genere sono visibili nel campo migliaia di stelle, delle quali però non tutte, forse non più di 500, sono reali componenti l'ammasso. Le Pleiadi nelle culture antiche Fin dall'antichità le Pleiadi hanno colpito la fantasia popolare. La prima citazione del gruppo è contenuta in annali cinesi risa­lenti al 2357 a.C. Esse rivestivano a quel tempo una notevole im­portanza, poiché si trovavano, a causa del movimento precessionale, presso il punto equinoziale di primavera (3° a nord). Nell'antica Cina erano venerate come Le sette sorelle dell'operosità, ma in seguito vennero conosciute come Mao, Mauo Maou, che significa “La Costellazione” per antonomasia o come Gang, di etimo incerto. In Persia dove, come per altre culture, esse costituivano una delle stazioni lunari più importanti (divisioni del percorso della Luna in cielo in 27 “case” collocate in varie costellazioni, a fini calendariali), erano chiamate Pervis, Peren oParur. Per i popoli mesopotamici rappresentavano, insieme con le Iadi, Mas-tab-ba-gal-gal-la, “I grandi gemelli dell'eclittica” poiché il percorso del Sole è proprio a metà strada fra i due gruppi. Più in particolare, gli Assiro-Babilonesi chiamavano le Pleiadi Kimtu, molto simile al siriano Kima, e all'ebraico Kimah, aventi tutti pressappoco lo stesso significato di “Grappolo, Gruppo”. Nell'Antico Egitto le Pleiadi erano note come Chu oChow e identificate con la dea Nit (“La navetta”), una delle maggiori divinità del Basso Egitto, equivalente alla greca Atena e alla romana Minerva. Un altro nome usato dagli Egizi eraAthur-ai o “Stella di Hathor”, la dea dal corpo di donna e dalla testa di vacca, singolarmente simile ad Al Thurayya, il termine arabo con cui l'ammasso veniva designato (“Il gruppo”). Anche gli Arabi peraltro chiamavano le Pleiadi “La Costellazione” (Al Najm) per eccellenza, confermando così ulteriormente l'enorme importanza ad esse attribuita nell'antichità. Quasi tutte le civiltà e culture, del resto, hanno coniato dei nomi propri per questo straordinario oggetto celeste. Gli antichi Teutoni lo chiamavano Seulainer, i Gaelici Griglean, gli Ungheresi Fiastik, i Finlandesi Het e wa ne, i LapponiNiedgierreg, i Groenlandesi Killukturset (“Cani che lottano contro un orso”), i Gallesi Y twr tewdws (“Il pacchetto chiuso”), i Russi e i Polacchi Baba e Baby (“La vecchia moglie” e “Le vecchie mogli”), i Francesi Cousiniere (“Zanzariera”), gli Italiani La racchetta, gli Spagnoli Las siete cabrillas (“Le sette caprette”). Come è noto, un appellativo comune presso molti popoli è Le gallinelle oppure La chioccia con i pulcini; in Italiano, appunto, abbiamo Gallinella o Gallinelle, in Francese Pulsiniere o Poussi­niere, in Tedesco Gluckhenne (“La chioccia”), in Russo Nasedha(“La gallina seduta”), in Danese Aften Hoehne, (“La gallina della vigilia”), in Greco moderno Pouleia (“Pollaio”), in Inglese Coop(con il medesimo significato del Greco). Perfino gli aborigeni dell'Africa e del Borneo identificano in questo modo le Pleiadi. Per gli indigeni delle Isole Tonga e della Società, invece, esse erano Matarii (“I piccoli occhi”), e dividevano in due stagioni l'anno, con il loro apparire, Matarii i nia e Matarii i raro, che vuol dire “I piccoli occhi sopra e sotto” (l'orizzonte). Anche per gli abitanti del gruppo delle Hervey le Pleiadi rappresentavano dei piccoli occhi (Matariki): secondo loro esse erano anticamente una stella singola, così brillante che il dio Tane, morso da invidia, ottenendo il sostegno di Aumea (Aldebaran) e Mere(Sirio) la scacciò, costringendola a rifugiarsi in un fiume. Ma Mere prosciugò il corso d'acqua e Tane scagliò Aumea contro il fuggiasco rompendolo in sei pezzi; da allora le stelle si chiama­rono Tauono, “Le sei”, appunto. Anche alcune tribù del Sudamerica conoscevano le Pleiadi come Cajupal, “Le sei stelle”. Gli aborigeni australiani, invece, le vedevano come Le giovani ragazze che giocavano con i Giovani uomini, rappresentati dalle stelle della Cintura di Orione. Per gli abitanti delle isole Salomone erano Togo ni samu (“Compagnia di Vergini”). Alcuni Pellerossa americani le chiamavano “Danzatori”, mentre altri vi avevano connesso una storia suggestiva, ispirata alla Mateo Tepe o Torre del Diavolo, una curiosissima formazione rocciosa, Monumento Nazionale degli Stati Uniti, che si erge come un tronco d'albero pietrificato, alto 400 metri, sopra le pianure del Wyoming nordorientale (figg. 3 e 4). Secondo i Kiowa e i Cheyenne la Torre fu eretta dal Grande Spirito per proteggere sette ragazze inseguite da degli orsi giganteschi; le ragazze furono in seguito poste in cielo e diventarono le Pleiadi, e le striature verticali sulla torre sarebbero il segno lasciato dalle unghiate degli orsi. Le Pleiadi sono citate diverse volte nella Bibbia, particolarmente nel Libro di Amos,dove (cap. V, verso 8) troviamo riferimento a: Lui che fa le Sette Stelle e Orione... E nel Libro di Giobbe (XXXVIII, 31): Puoi tu incatenare la dolce influenza delle Pleiadi, o perdere i legami di Orione? Diverse ricerche archeoastronomiche sembrano dimostrare che molti manufatti ed edifici dell'antichità erano orientati in direzione del sorgere o del tramontare delle Pleiadi. Anthony Aveni afferma che l'allineamento più importante della leggendaria città di Teotihuacan (fig. 5), a nord di Città del Messico, costruita agli inizi della nostra era, è proprio verso il punto del loro tramonto. Alcuni templi greci, secondo le ricerche condotte da F.C. Penrose verso la fine del XIX secolo, il tempio di Esculapio a Epidauro, il tempio di Capo Sunio, il tempio di Bacco ad Atene, il Partenone e i templi a questo precedenti nell'Acropoli di Atene, erano tutti orientati verso il sorgere delle Pleiadi all'epoca della loro costruzione (dal XVI al V secolo a.C.). Presso molte culture le Pleiadi rivestivano delle importantissime funzioni di regolazione dei riti, costumi, usanze della società civile. Molti popoli primitivi facevano iniziare l'anno con novembre, il “Mese delle Pleiadi”. A seconda delle varie epoche, nei primi giorni di questo mese o, al più, negli ultimi di otto­bre, avveniva la culminazione del gruppo a mezzanotte. In tale giorno, gli antichi re di Persia non potevano respingere alcuna petizione loro presentata; gli aborigeni australiani eseguivano grandi danze in loro onore; gli Aztechi, per i quali esse erano l'asterismo più importante (raffigurato anche sulla celeberrimaPiedra del sol e conosciuto come Tianquiztli, “Le molte”, fig. 6), celebravano la cerimonia del “Giro del calendario” con la quale aveva inizio il grande anno di 52 anni. Sempre restando in Messico, è probabile che una delle osservazioni più importanti che venivano fatte dai tubi zenitali che si trovano nell'edificio P di Monte Alban, nello stato di Oaxaca e a Xochicalco nello Stato di More­los fosse proprio il passaggio allo zenit delle Pleiadi. Facendo i conti per la precessione, si trova che esso avveniva nei due siti rispettivamente verso il 310 a.C. e nel 50 d.C. Mentre la prima data è in ottimo accordo con quella presunta per l'erezione dell'edificio P di Monte Alban (250-275 a.C.), la seconda è sfalsata di circa sette secoli; tuttavia a Xochicalco il tubo zenitale era molto ampio e sicuramente l'osservazione poteva essere compiuta anche nell'VIII secolo d.C., data di fondazione del centro cerimoniale. L'istante della culminazione superiore delle Pleiadi a mezzanotte segnava il periodo del culto dei defunti presso molte culture primitive e in molte religioni come il Druidismo o lo Zoroastrismo. Nel Medioevo all'istante citato fu attribuita una sinistra influenza, tanto che esso servì per stabilire la data del Sabba delle streghe, o Black Sabbath, la notte in cui si svolgevano orge profane fra gli alti dirupi del Caucaso o sul monte Brocken in Germania. É possibile che tracce di questi culti e di queste pratiche siano riscontrabili nelle attuali feste del 31 ottobre (la All Hallows' Eve, abbreviata in Hallowe'en, (Vigilia di Ognissanti), del 1° novembre (Ognissanti) e del 2 novembre (Commemorazione dei Defunti), anche se attualmente la precessione ha portato in realtà le Pleiadi a culminare alla mezzanotte del 18 novembre. Secondo W.T. Olcott queste antiche commemorazioni erano correlate alla celebrazione di un immane cataclisma occorso in tempi remotissimi e che portò alla scomparsa di moltissime vite umane. Il riferimento alla leggenda della mitica Atlantide è quasi obbligato, anche pensando all'appellativo, le Atlantidi (perché figlie di Atlante) con cui le Pleiadi sono spesso indica­te nella mitologia greca. Ma il pericolo di questi collegamenti, come si sa, soprattutto in assenza di indizi seri su cui lavora­re, è di far galoppare troppo la fantasia. Le Pleiadi e i lavori agricoli Il sorgere eliaco del gruppo (il primo giorno nel quale è possi­bile osservarlo prima del crepuscolo mattutino) era altrettanto importante. Esso veniva osservato dagli Incas, che chiamavano le Pleiadi Collca. Per la civiltà di Teotihuacan coincideva con il primo passaggio del Sole allo zenit della città. Nell'antica Gre­cia costituiva l'occasione per la “Festa del lavaggio delle vesti” che veniva celebrata all'inizio della raccolta del grano, e anche per le elezioni annuali presso gli Achei. In molti casi, addirittura, l'intero anno veniva scandito dalle varie posizioni celesti assunte dalle stelle dell'ammasso. Il medico greco Ippo­crate, per esempio, aveva diviso l'anno in quattro stagioni, cia­scuna dominata dalla loro posizione: l'inverno iniziava quando il loro tramonto coincideva con l'alba; la primavera iniziava all'e­quinozio e terminava con il loro sorgere eliaco; l'estate durava fino al sorgere eliaco di Arturo; l'autunno finiva, concludendo il ciclo, con il loro tramonto eliaco. Ancor oggi, del resto, gli Indiani Papago dell'Arizona basano il loro anno su questi medesimi aspetti, collegati inoltre ai ritmi principali della tradizione agricola. Il sorgere eliaco del gruppo coincide con la semina, la culminazione all'alba segna la fine della semina, superata la culminazione si inizia il raccolto, nella posizione fra meridiano celeste e orizzonte ovest avviene la caccia al cervo, al tramonto eliaco ha luogo la festa del raccolto. Le connessioni con l'agricoltura appaiono chiare anche per molte tribù del Sudafrica, per le quali le Pleiadi erano le “Stelle dell'aratura”, per gli abitanti delle isole Salomone e per tutta una serie di popoli dell'emisfero meridionale per i quali il tramonto eliaco dell'ammasso coincideva con la ripresa delle attività agricole. Anche nel mondo classico sono numerosi i cenni alla funzione re­golatrice delle Pleiadi sui tempi agricoli. Nelle Opere e giornidi Esiodo, ad esempio, si legge (versi 383-387): Quando sorgono le figlie di Atlante, le Pleiadi, incomincia la mietitura; l'aratura quando tramontano; esse infatti quaranta notti e quaranta giorni stanno nascoste, poi, volgendosi l'anno, appaiono per la prima volta quando viene l'ora di affilare gli arnesi. E (v. 614-617): Poi, dopo che le Pleiadi e le Iadi e il forte Orione sono tramontati, ricordati di arare, è il momento opportuno, e che l'anno sia propizio ai tuoi campi. Nelle Georgiche, Virgilio mette in guardia il contadino dal semi­nare il grano prima dell'epoca del loro tramonto. Nel mondo lati­no le Pleiadi erano chiamate Vergiliae o Sidus vergiliarum (“Le stelle della primavera”), titolo simile a quello usato presso altre culture, soprattutto orientali, che le chiamavano “Stelle dell'abbondanza” o “Stelle della stagione dei fiori”, essenzial­mente a causa del fatto che il loro sorgere eliaco avveniva in maggio, mese della fioritura. A questo proposito possiamo citare che nelle scritture buddiste si trova un riferimento, probabilmente collegato alle Pleiadi, quando si dice che la nascita del sacro bambino fu profetizzata nel periodo “quando la stella del fiore brilla ad est”: in effetti il Buddha nacque, nel 563 a.C., a metà maggio, in un giardino, proprio in coincidenza con la le­vata eliaca dell'ammasso. Le Pleiadi e il tempo Le Pleiadi furono collegate anche al tempo atmosferico e alla navigazione. Anzi, secondo un'ipotesi il loro stesso nome è dovuto alla pratica della navigazione, poiché deriva da plein, “navigare”, appunto (secondo un'altra ipotesi il nome deriva dapleios, forma epica di pleos, che significa “molti, molte”, attribuzione, come detto, usata da parecchi altri popoli). Il sorgere eliaco delle Pleiadi, nella prima decade di maggio, apriva, in Grecia, il periodo adatto ai viaggi per mare mentre quando esse cominciavano a tramontare prima che l'alba tingesse il cielo di chiaro, verso i primi di novembre, la stagione finiva, come ci ricorda Esiodo (Opere e giorni, v. 618-622): Ma se della navigazione pericolosa il desiderio ti prende, sappi che quando le Pleiadi, la forza terribile d'Orione fuggendo, si gettano nel mare nebbioso, allora infuriano i soffi di tutte le specie di venti. E non è più il tempo d'avere la nave sul fosco mare,... Il momento citato veniva generalmente associato anche all'arrivo dell'inverno, come adombrato dai seguenti versi di Arato di Soli (Fenomeni e pronostici, v. 1084-1086): ...un inverno molto burrascoso porterebbero le Pleiadi al loro ritorno. E da Ippocrate che, nel trattato Sulle epidemie, afferma che, nel periodo in cui le Pleiadi corrono i cieli interamente nelle ore notturne, si producono spesso febbri ardenti e molte persone trovano la morte. Tenendo fede al loro nome, le Pleiadi erano comunque anche usate direttamente per la navigazione, sia nell'antichità greca, come dimostrato, ad esempio, dai versi con i quali Omero descrive la partenza di Ulisse dall'isola di Calipso (Odissea, V, 269-272): Lieto del vento, drizzò le vele il luminoso Odisseo. Così col timone guidava sapientemente il cammino, seduto: mai gli occhi cedevano al sonno, fissi alle Pleiadi e a Boote che tardi tramonta... sia in diverse altre culture come ad esempio quella del gruppo delle Hervey prima citato, che le usavano come riferimento privilegiato nei viaggi notturni fra un'isola e l'altra. É stato anche possibile rintracciare una funzione di indicatore orario di queste stelle. Già nel quinto secolo a.C. Euripide le cita come orologio notturno. Nelle campagne del Bellunese gli an­ziani rammentano un vecchio proverbio, che sicuramente ha un corrispondente in altre regioni italiane: Le brave filaresse de genaro le va a dormir co le sette va a punaro. Che significa: “Le brave filatrici nel mese di gennaio vanno a dormire quando le Pleiadi (le sette) tramontano (vanno al pol­laio)”. Un facile calcolo mostra che queste povere ragazze lavo­ravano fino alle 3 del mattino! Le Pleiadi nella letteratura Le Pleiadi sono quasi sicuramente l'oggetto celeste più citato, dopo il Sole e la Luna, in opere letterarie. I poemi omerici ed esiodei contengono diverse altre citazioni, oltre a quelle ripor­tate. Esiodo chiama le Pleiadi anche le “Sette vergini” o le “Stelle vergini”. Virgilio le chiama le “Atlantidi del mattino”. Milton “Le sette sorelle atlantiche”, Chaucer “Le sette figlie atlantiche”. Ma forse la più famosa citazione delle Pleiadi è quella di Saffo (frammento 14): Tramontata è la Luna e le Pleiadi: a mezzo è la notte: il tempo trascorre; e io dormo sola. Nelle opere dei poeti mediorientali le Pleiadi vengono spesso paragonate a gioielli della volta celeste. Hafiz di Persia, nel XIV secolo, scrisse a un amico poeta: Ai tuoi poemi il cielo affisse la Perla Rosata delle Pleiadi come segno di immortalità Nel XIII secolo leggiamo nel Gulistan del poeta persiano Sadi: Era come se il suolo fosse cosparso di smalto colorato, e le collane delle Pleiadi sembravano appese sopra i rami degli alberi... La più famosa citazione delle Pleiadi nella letteratura inglese è quella di Tennyson (Locksley hall): Molte notti vidi le Pleiadi, sorgenti attraverso l'aria serena, brillare come uno sciame di lucciole aggrovigliate in una treccia d'argento. Nella poesia italiana, piuttosto nota è la citazione del Pascoli (Il gelsomino notturno): La Chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Ma le Pleiadi hanno avuto un'altra singolare influenza nel campo del pensiero, in quanto spesso il loro nome è stato utilizzato per battezzare vari gruppi letterari, filosofici, e altro. Ricordiamo soltanto la Pleiade filosofica del sesto secolo a.C., nota anche come i Sette saggi di Grecia (Bias, Chilo, Cleobulo, Epimenide, Pittaco, Solone e Talete); la Pleiade alessandrina, un gruppo di sette poeti tragici del terzo secolo a.C., con ogni probabilità i più grandi di quel periodo (Alessandro Etolo, Omero di Bisanzio, Filico di Corcira, Licofrone di Calcide, Sositeo di Alessandria Troade, Eantide, Sosifane di Siracusa), la Pleiade letteraria di Carlomagno, di cui faceva parte lo stes­so imperatore; la Pléiade, la scuola poetica francese del XVI se­colo; la Pleiade berlinese, un gruppo di sette scacchisti tede­schi formatosi fra il 1837 e il 1840. Inoltre, è noto che Gabriele D’Annunzio concepì un progetto poetico, le Laudi, realizzato solo in parte, che prevedeva la produzione di sette libri, uno per ogni stella delle Pleiadi. Le prime tre (Maia, Elettra, e Alcyone) vennero pubblicate nel 1903. Il quarto libro (Merope), apparve nel 1912, mentre il quinto, Asterope, vide la luce nel 1918. Le Pleiadi nella “nostra” mitologia Nella mitologia greca le Pleiadi erano le figlie di Atlante e Pleione, che le aveva partorite sul Monte Cillene in Arcadia. Atlante (fig. 7) era figlio di Giapeto e dell’Oceanina Climene. Apparteneva alla generazione divina anteriore a quella degli Dei Olimpici. Partecipò alla lotta dei Giganti contro gli Olimpici. Dopo la sconfitta, Zeus gli inflisse la punizione di reggere sulle spalle la volta del Cielo. Secondo una tradizione più tarda, Atlante era un astronomo che insegnò agli uomini le leggi del cielo, e che per questo fu divinizzato. Pleione era figlia di Oceano e di Teti. É talvolta considerata anche madre delle Iadi. Sul conto delle Pleiadi sono state narrate diverse leggende. Secondo Eschilo, le sorelle sarebbero state assunte in cielo in seguito al dolore per le sventure del padre (secondo altri, invece, per la morte del fratello Iante, morso da un serpente). Secondo Pindaro, Esiodo e altri le Pleiadi, insieme con la madre Pleione, fuggirono per cinque anni attraverso i campi della Beozia dinanzi alla bramosia del cacciatore Orione finché gli dei, trasformatele in colombe (in greco peleiades), ne immortala­rono l'immagine fra le stelle. Com'è noto, questa storia ha una controparte reale in ciò che avviene realmente, con il gruppo che precede di poco il sorgere, la culminazione e il tramonto della costellazione di Orione. Un'altra leggenda identificava nelle Pleiadi delle colombe che volavano dal padre Zeus a portargli l'ambrosia proveniente dalla lontana terra dell'Oceano. I nomi delle sorelle (fig. 8), così come noti fin dall'antichità, si ritrovano nei Fenomeni di Arato (v. 261-263): ...e sette vengono quelle chiamate per nome: Alcione, Merope, Celeno, Elettra, Sterope, Taigete e l'augusta Maia. La più importante, come già adombrato dai versi citati, era sicuramente Maia (fig. 9) che, insieme a Zeus, generò Ermes. Ovidio, nelle Metamorfosi, cita spesso Mercurio semplicemente con il titolo “figlio di Maia”; Dante (Par., XXII, 144) usa addirittura il suo appellativo, da solo, per indicare il pianeta Mercurio. Virgilio, nel luogo delleGeorgiche evocato in precedenza, utilizza il nome di Maia in rappresentanza dell'intero gruppo stellare. Maia era in effetti la primogenita e la più bella delle sorelle. A Roma, ai tempi di Cicerone, che la chiama sanctissima, era adorata come la Grande e Feconda Madre, Rhea-Cibele, che diede il nome, (tramite il colle­gamento, già ricordato, con il levare eliaco del gruppo), al mese romano majus, il nostro maggio.

Nessun commento: