lunedì 14 luglio 2014

Sacre leggende della tradizione nordica

Il seiðr, in Dag Strömbäck

Recensione del libro Sejd. Textstudier 
i nordisk religionshistoria, di Dag 
Strömbäck (Stockholm 1935). Di Luca Taglianetti.


Nel primo capitolo, che copre metà del libro, Dag 
Strömbäck riporta tutte le saghe, le strofe eddiche, 
i racconti brevi in cui appare il termine seiðr 
(e affini) nella letteratura norrena. A un 
lettore moderno potrebbe sembrare un 
semplice lavoro di «trova» e «copia e incolla»,
ma voglio ricordare che questo saggio è
stato pubblicato nel 1935, quando non esistevano
i supporti tecnologici che abbiamo oggi: l'autore
ha compiuto è in realtà un lungo e importante
lavoro di ricerca attraverso le edizioni e i
manoscritti delle varie fonti, e discute inoltre la
datazione e la possibile origine del materiale. 

Il secondo capitolo affronta i termini specifici
che riguardano il seiðr. Il primo interessante
dettaglio è che, stando a diverse fonti, il
seiðr veniva condotto su unseiðhjallr.
Alcuni studiosi hanno inteso che la vǫlva,
o veggente, sedeva su una sedia o su un
trono rialzato; in realtà, come si evince
anche dall'uso dialettale in norvegese e svedese
del termine hjall, si tratta di un luogo più grande
e ampio, una specie di scranno e non una mera
seduta comune. Qual era la funzione di questo
luogo elevato? Axel Olrik ha cercato di intendere
che la vǫlva doveva trovarsi in un luogo
sopraelevato per staccarsi dalla realtà terrena
ed entrare più facilmente in contatto col mondo
degli spiriti; Jacob Grimm invece accomuna lo
hjallr al treppiedi dell’oracolo delfico. Strömbäck
rigetta queste due tesi rifacendosi ad alcune
descrizioni delle pratiche sciamaniche nel nord
della Russia e nella Siberia nord-occidentale riportati
in scritti del sedicesimo secolo, in cui si evince che lo
hjallr serviva semplicemente a evitare che lavǫlva,
durante l’estasi, fosse interrotta o ostacolata da
persone esterne (lo sciamano non poteva essere
svegliato all'improvviso, pena la morte di quest’ultimo),
e che quindi questo palco fornisse un luogo sicuro per
la pratica magica. 
Un altro termine che ricorre spesso è varðlok(k)ur
(una specie di canto magico). Qual è il suo reale
significato? Il termine varð si ritrova in alcuni
dialetti svedesi e norvegesi col significato di
«guardiano», inteso come spirito protettore della
casa; in passato però il termine connotava
semplicemente uno spirito libero dal fardello
corporeo. Invece il termine lokkur è stato
erroneamente interpretato da Olsen come
sostantivo del verbolúka 
«chiudere», cosicché interpretava varðlok(k)ur
come «[colui che] chiude/serra le anime»,
intendendo l'idea di un canto che incatenava
gli spiriti nel nostro mondo, permettendo
alla vǫlva di interrogarli. In realtà lokkur deriva
dal verbo lokka «allettare, far avvicinare,
richiamare», e sembrerebbe sottolineare il
carattere evocativo ed esorcizzante del canto.
La lettura del termine che però dà Strömbäck
è un’altra. Seguendo sempre esempi e descrizioni
dello sciamanesimo lappone, attestati nella zona
intorno Archangel'sk, nel nord della Russia, l’autore
sottolinea come lo sciamano, una volta entrato
in estasi, potesse essere risvegliato solo da una
giovane fanciulla (tema che ritorna anche nelle
saghe nordiche) attraverso una serie di canti
di carattere magico/sacrale. La conclusione
a cui giunge l’autore è che il varðlokkur serviva a
 richiamare l’anima dello sciamano, nel corso del
suo viaggio estatico, al proprio corpo!

Nel terzo capitolo Strömbäck distingue un seiðr 
«bianco», in cui la vǫlva prediceva il futuro
alle persone e veniva anche ricompensata per
questo, e un seiðr  «nero» che serviva a colpire e
persino uccidere i nemici. Nel quarto
capitolo si affronta la tematica degli hamhleypur,
le persone che riuscivano a cambiare forma
corporea. Secondo l’autore questa pratica era appunto
possibile attraverso il seiðr, e proprio questa
caratteristica spiegherebbe i molti luoghi oscuri della
strofa 155 dell'Hávámal (a cui l’autore dedica il resto
del paragrafo):
Questo conosco per decimo,
se io vedo «cavalcatrici dei recinti»
giocare nell'aria,
io posso fare in modo
che esse smarriscano il ritorno
ai loro corpi a casa,
ai loro spiriti a casa
.

Hávámal [155]

Il capitolo conclusivo tira un po' le somme dello
studio, riportando le fonti norrene dove
vengono citati i «finni» (comunemente
creduti come stregoni che praticavano il seiðr), 
e Strömbäck dà una sua possibile interpretazione 
del perché. Nelle fonti norrene, chi 
praticava il seiðr veniva bollato come ergi 
«invertito, omosessuale». Secondo Strömbäck 
si deve all'influenza delle pratiche sciamane 
asiatiche: infatti, nei documenti che ci sono 
pervenuti, spesso si dice che lo stregone si 
vestiva da donna, o indossava monili femminili, 
e molti canti erano di carattere licenzioso e volgare.

Dag Strömbäck (1900-1978) è stato storico delle 
religioni e studioso di cultura popolare 
scandinava presso l'Università di Uppsala. 
Il suo studio dei testi del medioevo nordico 
utilizza una combinazione tra analisi filologica e folklorica.
Luca Taglianetti

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