martedì 11 giugno 2013

Per prepararci al Solstizio

Simbolismo dei Solstizi di Enzo Barillà Il dizionario della lingua italiana ci informa che la parola solstizio deriva dal latino solstitium, composto di sol “sole” e un corradicale di stare, sistere “fermarsi”. C’è quindi un chiaro riferimento alla stazione del sole lungo l’eclittica. Nel nostro emisfero, al solstizio d’estate l’astro viene a trovarsi alla sua massima declinazione nord (ovvero distanza rispetto all’equatore celeste) di 23½° circa, al solstizio d’inverno alla sua massima declinazione sud, sempre di 23½° circa. L’eclittica è il percorso apparente del sole nel corso dell’anno, e quando il cerchio dell’eclittica interseca l’equatore celeste nei suoi due punti, detti punto vernale (o punto gamma o primo punto dell’Ariete) e punto omega, nel nostro emisfero si verificano l’equinozio di primavera e l’equinozio d’autunno. Quella fascia del cielo delimitata da 9° a nord e 9° a sud dell’eclittica viene detta Zodiaco. «Zodiaco viene dal greco zòdia, che vuol dire segni, e questa è l’etimologia suggerita da Tolomeo nel proemio del III libro della Tetràbiblos. “E lo chiamano per soprannome Circolo delle figure animate, scriveva nel III secolo a.C. Arato di Soli. Tuttavia alcuni testi greci mettono in relazione iltermine zodiakòs con zoè, vita, e diagò, conduco, dirigo, ossia: dirigere la vita.» Riepilogo brevemente la dinamica del sole nel suo movimento apparente, come lo vediamo dal nostro punto d’osservazione terrestre. «Il sole, quindi, nel suo moto apparente annuale, taglia l’equatore celeste, ossia la proiezione dell’equatore terrestre, il 21 marzo, equinozio di primavera. In seguito sale in declinazione rispetto all’asse equatoriale per culminare sull’emisfero nord il 21 giugno, solstizio d’estate, ridiscende poi sull’equatore il 21 settembre, equinozio d’autunno. In questo modo trascorre metà dell’anno solare e metà dello zodiaco. Questa metà, che va dall’inizio del segno dell’Ariete all’inizio del segno della Bilancia, viene percorsa dal sole nell’emisfero boreale, a nord dell’equatore; mentre la seconda metà, dall’inizio del segno della Bilancia a tutto il segno dei Pesci, viene percorsa dal sole nell’emisfero australe, a sud dell’equatore. Il ciclo annuale dello zodiaco ha un preciso riferimento simbolico nel ciclo giornaliero, che è alla base della conoscenza astrologica.» Dal punto di vista astrologico, il Sole “entra” nel segno del Cancro al solstizio d’estate, e nel segno del Capricorno al solstizio d’inverno. Dopo questo primo approccio riguardante la “meccanica celeste”, un testo di Alfredo Cattabiani ci aiuterà ora a muovere i primi passi nel simbolismo. Scrive Cattabiani: «Per capire dunque il significato profondo della festa di San Giovanni Battista e delle sue usanze occorre riflettere sul simbolismo solstiziale. Ebbene, nella tradizione greca antica i due solstizi erano chiamati “porte”: “porta degli dèi” quello invernale, “porta degli uomini” quello estivo. Omero descriveva nell’Odissea (XIII, 109-112. Versione di Rosa Calzecchi Onesti) il misterioso antro nell’isola di Itaca, nel quale si aprivano due porte: “L’antro ha due porte, una da Borea, accessibile agli uomini; l’altra, dal Noto, è dei numi e per quella non passano uomini, degli immortali è la via.”» Il commento di Porfirio a questi versi oscuri lo si trova in L’antro delle ninfe laddove scrive: «Dato che l’antro costituisce l’immagine e il simbolo del mondo, Numenio e Cronio suo compagno dicono che due sono nel cielo le estremità, delle quali una non è più meridionale del tropico invernale, e l’altra non è più settentrionale di quello estivo. Quello estivo poi è nel Cancro, mentre quello invernale è nel Capricorno. Ed essendo per noi vicinissimo alla terra il Cancro, a buona ragione (il suo segno) è attribuito alla Luna che è prossima alla terra. Mentre il Capricorno, essendo invisibile più del polo meridionale, è attribuito a quello che di gran lunga è il più lontano e alto di tutti (gli astri) vaganti, cioè a Kronos. … Coloro dunque che parlano delle cose divine ponevano essere due (il numero) di questi ingressi: Cancro e Capricorno; e Platone parla di due bocche. Di queste, il Cancro è quella per cui le anime discendono, ed il Capricorno quella per cui ascendono. Ma il Cancro è settentrionale e atto alla discesa, mentre il Capricorno è meridionale e atto all’ascesa. E le parti di Settentrione sono proprie alle anime che discendono verso la generazione. E rettamente gli ingressi dell’antro volti a Borea discendono per gli uomini, mentre le parti di Meridione non sono proprie agli dèi, ma a coloro che ascendono agli dèi. Per questa ragione (il poeta) dice via non propria agli dèi, ma agli immortali, comune anche alle anime che sono per sé o per essenza immortali.» Alcuni pensieri di René Guénon, raccolti postumi in Simboli della Scienza sacra, ci aiuteranno ora a risolvere «un’apparente contraddizione, che è questa: il nord è designato come il punto più alto, e verso questo punto d’altronde è diretto il cammino ascendente del sole, mentre il suo cammino discendente è diretto verso sud, il quale appare così il punto più basso; ma, d’altra parte, il solstizio d’inverno, che corrisponde nell’anno al nord, e segna l’inizio del movimento ascendente, è in un certo senso il punto più basso, e il solstizio d’estate, che corrisponde al sud, e dove termina il movimento ascendente, è – sotto lo stesso profilo – il punto più alto, a partire dal quale comincerà quindi il movimento discendente, che terminerà al solstizio d’inverno. La soluzione di questa difficoltà risiede nella distinzione che è il caso di fare tra l’ordine “celeste”, cui appartiene il cammino del sole, e l’ordine “terrestre”, cui appartiene invece la successione delle stagioni; secondo la legge generale dell’analogia, questi due ordini devono, nella loro stessa correlazione, essere inversi l’uno dell’altro, di modo che quel che è più alto nell’uno divenga più basso nell’altro, e reciprocamente; ed è così che, secondo l’espressione ermetica della Tabula smaragdina, “ciò che è in alto (nell’ordine celeste) è come quello che è in basso (nell’ordine terrestre)”, o ancora, secondo il detto evangelico, “i primi (nell’ordine principale) sono gli ultimi (nell’ordine manifestato)”. Guénon considera la questione non di poco conto, poiché – dopo poche pagine – sente la necessità di ribadire il concetto: «la porta solstiziale d’inverno, o il segno del Capricorno, corrisponde al nord nel ciclo annuale, ma al sud in relazione al cammino del sole nel cielo; così, la porta solstiziale d’estate, o il segno del Cancro, corrisponde al sud nel ciclo annuale, e al nord in relazione al cammino del sole.» È sin troppo facile collegare il simbolismo delle due porte solstiziali al simbolismo di Giano (come ha fatto Cattabiani manifestamente attingendo a piene mani agli scritti di Guénon). Giano «ianitor che apre e chiude le porte (ianuae) del ciclo annuale con le chiavi che sono uno dei suoi principali attributi; e ricorderemo, a tale proposito, che la chiave è un simbolo “assiale”.» Ovidio in Fasti fa dire a Giano: «Tutto ciò che tu ti vedi attorno, il cielo, il mare, le nubi, le terre, tutto è dalla mia mano chiuso e aperto a piacere. Io ho la padronanza dell’intero immenso mondo, a me solo è dato di sconvolgerne i cardini.» «Nume dalla doppia e, talvolta, anche quadrupla faccia, Giano era invocato con numerosi appellativi: Patulcius “che tutto apre” e Clusius “che tutto chiude”, Geminus “duplice” e Bifrons “bifronte”. Con queste caratteristiche Giano estendeva il suo dominio sulla duplice sfera delle entrate e delle uscite, in eterna conciliazione degli opposti: passato e futuro, avanti e indietro, interno e esterno, ecc. Giano esprime nettamente quel preciso momento di passaggio in cui passato e futuro coesistono nel presente; è dunque … anche un dio del tempo, un dio del sole che sorge e tramonta e che è quindi cosciente contemporaneamente – grazie alle sue due facce – della notte che si lascia alle spalle e del giorno a cui va incontro.» Nello stesso testo appena citato, seppur anch’esso manifestamente debitore del fondamentale lavoro di Guénon, non poteva non sottolineare il “passaggio delle consegne” da un guardiano all’altro delle porte solstiziali: mi riferisco allo spodestamento di Giano a opera dei due Santi Giovanni, il Battista e l’Evangelista. «Nel Cristianesimo sono le feste di San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista a essere in rapporto con i due solstizi. … Così i due San Giovanni hanno sostituito Giano, anche se la ricorrenza solstiziale di dicembre si è andata complicando, perché alla festa giovannea si è sovrapposto lo stesso Natale e il Sole nascente è diventato, come doveva diventare, il simbolo del Cristo Bambino. La somiglianza fonetica tra Janus (Giano) e Joannes (Giovanni in latino) è evidente e porterebbe a ritenere che la collocazione delle feste dei Santi Giovanni in prossimità dei due solstizi non sia stata casuale, ma servisse non tanto a cancellare il culto arcaico, quanto a “riscriverlo” in termini cristiani. In effetti era alquanto arduo sradicare un costume tanto profondo: gli uomini vivevano i solstizi in maniera coinvolgente, ritenendoli momenti di transizione, nei quali era possibile trasformare e sviluppare la loro condizione interiore; una sorta di transito verso presupposti migliori.» Per quanto suggestivo, il brano citato non dà tuttavia ragione dell’accostamento dei due Santi al fondamentale motivo del momento di transizione solare. Ancora una volta ci soccorre il Guénon, che – piuttosto che all’assonanza tra i nomi di Janus e Joannes – punta sull’esame etimologico del nome di Giovanni, fatto risalire alla parola ebraica hanan spiegata in termini di “benevolenza”, “misericordia” e “lode”. Ne deduce quindi il grande esoterista che «di conseguenza, il nome Jahanan può significare “misericordia di Dio” e anche “lode a Dio”. Ora, è facile rendersi conto che il primo senso pare convenire in modo del tutto particolare a San Giovanni Battista e il secondo a San Giovanni Evangelista; si può dire del resto che la misericordia è evidentemente “discendente” e la lode “ascendente”, il che ci riconduce ancora al loro rapporto con le due metà del ciclo annuale.» Se il solstizio d’inverno simbolizza la mezzanotte dell’anno, il buio della notte profonda e tuttavia il tempo della rinascita del Sole, l’ascesa della luce sia interiore che esteriore, l’equinozio di primavera richiama necessariamente alla mente l’alba, il trionfo della luce e del calore solare. Se al solstizio d’estate compete l’analogia con il mezzogiorno, il punto culminante, il trionfo della luce e tuttavia l’inizio del suo declino, l’equinozio d’autunno – punto d’equilibrio come l’equinozio di primavera – porta inevitabilmente a pensare al tramonto. In effetti, sia all’equinozio primaverile che all’equinozio autunnale le ore di luce eguagliano quelle di buio, ma i piatti della bilancia pendono ora nel senso opposto: è il momento della rimonta del mondo notturno, compensato dal declino del mondo diurno. Rivolgiamo ora l’attenzione ai simboli zodiacali in senso stretto. La saggezza degli antichi ha denominato “segni cardinali” quelli corrispondenti ai solstizi e agli equinozi. Capricorno, domicilio di Saturno, esaltazione di Marte, esilio della Luna, caduta di Giove; Ariete, domicilio di Marte, esaltazione del Sole, esilio di Venere, caduta di Saturno; Cancro, domicilio della Luna, esaltazione di Giove, esilio di Saturno, caduta di Marte; Bilancia, domicilio di Venere, esaltazione di Saturno, esilio di Marte, caduta del Sole. Si nota subito la presenza costante di due pianeti – per domicilio, esaltazione, esilio o caduta – nel gioco dei segni cardinali: sono Marte e Saturno. È un caso che si trovino insieme ed esplichino la massima potenza unicamente nel segno del Capricorno? Secondo un Autore che si richiama al pensiero di Rudolf Steiner, «con l’aiuto della forza di Saturno l’Io umano, dopo la mezzanotte cosmica, si volge al mondo terrestre e compie il doloroso passo dell’incarnazione diventando sempre più denso. … Nel corso del destino Saturno porta fuori dall’elemento fisico l’elemento spirituale, il che si esprime nella risurrezione, nella vittoria sulla materia attraverso lo spirito.» E ancora: «Saturno-Luna intessono insieme i misteri di spazio e tempo morte e risurrezione, del nuotare nella corrente del tempo e del destarsi della coscienza (come immagine nello spazio).» Nella conferenza di Berlino del 22/1/1914, Rudolf Steiner accosta le 12 concezioni del mondo (Weltanschauungsnuancen) possibili all’uomo ai singoli segni zodiacali, e afferma che «questa peculiarità non è affatto arbitraria, in quanto esiste realmente un rapporto tra i diversi segni zodiacali e la Terra, analogo a quello tra le dodici concezioni del mondo e l’anima umana.» Al segno del Capricorno Steiner fa poi corrispondere lo spiritualismo. Accanto alle 12 concezioni del mondo Steiner identifica «un’altra disposizione interiore verso la concezione del mondo (Weltanschauungsstimmung).» Esse sono sette, e corrispondono ai sette pianeti classici, (Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e Luna): Gnosi, Logicismo, Volontarismo, Empirismo, Misticismo, Trascendentalismo, Occultismo. A Saturno Steiner fa corrispondere la Gnosi e afferma: «come ogni pianeta percorre i dodici segno dello zodiaco, così la gnosi può percorrere tutti i dodici segni delle concezioni del mondo. Tuttavia la Gnosi offrirà i maggiori servizi per la salute delle anime quando la disposizione gnostica dell’anima si volgerà allo spiritualismo. Si potrebbe dire che nello spiritualismo la gnosi si trova veramente a casa propria, ed è “fuori casa” quando sta negli altri segni delle concezioni del mondo.» Il filosofo della scienza Giorgio de Santillana ritiene di dedicare un capitolo del suo classico Il Mulino di Amleto ai miti che si richiamano alla Via Lattea e scrive: «Tra una reincarnazione e l’altra, le anime degli uomini, così si pensava, dimorano nella Via Lattea. Questa concezione è stata tramandata come tradizione orfica e pitagorica inserita nel disegno più vasto della trasmigrazione delle anime. Macrobio, che ci ha fornito il resoconto più ampio sull’argomento, afferma che le anime ascendono per il Capricorno e poi, per rinascere, ridiscendono per la “Porta del Cancro”. Egli parla di segni zodiacali: le costellazioni che sorgevano ai solstizi ai tempi suoi (e ancora ai nostri) erano i Gemelli e il Sagittario: “Porta del Cancro” significa i Gemelli; anzi, Macrobio afferma esplicitamente (I, 12, 5) che questa “Porta” è il punto “in cui s’intersecano lo zodiaco e la via Lattea”.» Ho voluto riportare il pensiero di Steiner e di Santillana, nonché inserire riferimenti astrologici nel mio elaborato, a costo di sconcertare l’ascoltatore, per l’apparente mancanza di consequenzialità del discorso. E tuttavia, malgrado le discordanze, si avverte la presenza di un sottile filo d’oro che collega le concezioni dei pensatori antichi con gli studiosi contemporanei: le porte solstiziali continuano a esercitare il loro invincibile fascino perché ci parlano del destino delle anime quaggiù e dopo la morte. Ancora Santillana: «È doveroso prestare attenzione alle informazioni cosmologiche contenute nel mito antico… Non si tratta di mere proiezioni di una coscienza perturbata, bensì di tentativi di raffigurare le forze che sembrano aver partecipato alla formazione del cosmo.» E Mircea Eliade: «le immagini, i simboli, i miti, non sono creazioni irresponsabili della psiche; essi rispondono ad una necessità ed adempiono ad una funzione importante: mettere a nudo le modalità più segrete dell’essere. Ne consegue che il loro studio ci permette di conoscere meglio l’uomo, l’uomo tout court, quello che non è sceso a patti con le condizioni della Storia. Ogni essere storico porta con sé una grande parte dell’umanità prima della Storia.» Fonte: http://www.enzobarilla.eu/articoli/simbolismo%20dei%20solstizi.pdf

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