giovedì 28 febbraio 2013

La storia falsa di Jesse Owens

JESSE OWENS: MITO E REALTA' Fonte: Institute for Historical Review (http://www.ihr.org/jhr/v5n1p123.html) A cura di: Mark Weber Tratto da: The Journal of Historical Review, Primavera 1984 (Vol. 5, N° 1), pag. 123-125 Jesse Owens, il popolare corridore olimpico di colore che vinse quattro medaglie d’oro ai Giochi Olimpici di Berlino nel 1936, morì nel 1980 all’età di 66 anni. Come avvenne spesso durante la sua vita, anche l’occasione della sua morte venne sfruttata dalle principali reti televisive e dai media della carta stampata per divulgare calunniose falsità già ampiamente accreditate grazie al loro ripetersi negli anni. Oltre ad aver intitolato una strada a Jesse Owens a Berlino nel Marzo del 1984, si era presentata ora un’altra occasione per le fanfaronerie mediatiche di diffondere indecenti mistificazioni. Particolarmente idiota e spregevole fu il racconto della NBC Night News di domenica 4 Marzo 1984. I miti, che di solito vengono spacciati come fatti reali, asseriscono che il cancelliere tedesco Adolf Hitler era furioso quando Owens vinse, che Hitler si rifiutò di stringergli la mano perché era nero, che i tedeschi erano imbarazzati perché la vittoria di Owens “smentiva” l’idea tedesca sulle differenze razziali ecc. Owens invece fu acclamato dai berlinesi nello stesso entusiastico modo riservato agli atleti tedeschi. Lo stesso Owens disse che, in un occasione, mentre era allo stadio, arrivò in vista di Hitler: “ quando passai davanti al Cancelliere, egli si alzò, facendo un gesto di saluto nei miei confronti ed io gli ritornai il gesto “. Per quanto riguarda il presunto snobba mento, i fatti riguardanti raccontano una storia molto diversa da quella che normalmente si sente. Hitler era sul suo palco durante il primo giorno delle gare quando Hans Woelke conquistò il record olimpico nel lancio del peso e, tra l’altro, divenne il primo tedesco a vincere un campionato olimpico di atletica leggera. Su richiesta di Hitler, Woelke assieme al vincitore del terzo posto, un altro tedesco, vennero portati al palco per ricevere le personali congratulazioni del Cancelliere. Subito dopo Hitler salutò personalmente tre finlandesi che vinsero le medaglie nella corsa dei 10.000 metri. Poi si congratulò con due donne tedesche che vinsero il primo e secondo posto nel lancio del giavellotto femminile. L’unico altro evento programmato per quel giorno era il salto in alto che era previsto sul tardi. Quando tutti i saltatori tedeschi furono eliminati, Hitler lasciò lo stadio all’imbrunire sotto un cielo che minacciava pioggia e non fu presente a salutare i tre vincitori, tutti statunitensi, due dei quali erano neri. Hitler se ne andò perché era tardi e non perché non voleva salutare nessuno. Inoltre all’ora che Hitler se ne andò non poteva sapere se i vincitori finali fossero bianchi o neri. Il Conte Bailet-Latour, presidente della Commissione Olimpica Internazionale, inviò un messaggio al leader tedesco dicendo che, in qualità di ospite d’onore ai Giochi, egli doveva congratularsi con tutti o con nessuno. Così quando Jesse Owens vinse la finale dei 100 metri il giorno dopo, egli non venne pubblicamente salutato da Hitler e non lo furono nemmeno gli altri vincitori di medaglie in quella o altre discipline. Qualsiasi accenno al fatto che i tedeschi erano “imbarazzati” per le vittorie dei non-bianchi ai Giochi di Berlino è ridicolo. Jesse Owens viene rappresentato in primo piano in Olympia, il documentario ufficiale dei Giochi. Il capolavoro cinematografico di Leni Riefenstahl dedica anche parecchia attenzione a molti altri non-bianchi, inclusi gli eccezionali atleti giapponesi. La stessa cosa viene rappresentata nel lussuoso libro semiufficiale illustrato che commemora i Giochi, Die Olympische Spiele 1936 (i giochi olimpici 1936), pubblicato dalla Cigaretten-Bilderdienst. Jesse Owens viene rappresentato sette volte in questo libro, più di qualsiasi altro atleta e viene definito con ammirazione come “il più veloce del mondo”. Un ampia foto nel libro riporta la cesellatura dei nomi dei vincitori in granito allo stadio e nella foto si distingue “Owens U.S.A.”. Nonostante le notevoli prestazioni di Jesse Owens e di altri atleti di tutte le razze, la Germania vinse più medaglie d’oro di qualsiasi altra nazione, “vincendo” di fatto le Olimpiadi, un fatto solitamente ignorato nelle discussioni che riguardano i Giochi del 1936. In una lettera del 14 Marzo 1984 al direttore della rete televisiva tedesco-occidentale ZDF, l’ex atleta tedesco Walther Tripps protestò per un falso resoconto dato da una rete televisiva tedesca che affermava che Adolf Hitler non salutò pubblicamente Owens perché era un negro. Tripps fu lui stesso un grande staffettista ai Giochi del 1936. Dopo l’invio della lettera, Tripps affermò verbalmente che dopo le Olimpiadi, Hitler invitò tutti i vincitori olimpici, incluso Owens, ad un ricevimento presso la Cancelleria del Reich. Hitler si congratulò personalmente e strinse la mano a ciascun vincitore, incluso Owens, che confermò la cosa in varie occasioni. Questo il testo della lettera di Tripps: Al Direttore della ZDF (secondo canale televisivo tedesco) OGGETTO: Trasmissione “Heute” (oggi) del 10 Marzo 1984 Durante il racconto sullo scoprimento della targa stradale “Jesse-Owens-Allee” davanti allo Stadio Olimpico di Berlino, il vostro presentatore fece un affermazione totalmente non vera. Egli ripeté la stupida menzogna che nel 1936 Adolf Hitler si rifiutò di incontrare l’impareggiabile Jesse Owens, quattro volte vincitore olimpico, a causa del colore della sua pelle e della sua discendenza dalla razza nera. Sembra che il presentatore cercasse di mettere in chiara evidenza la cosidetta dottrina dell’odio razziale. Questa storia non è solo fantasia ma una misera menzogna. Oggi la verità è soppressa presumibilmente per ragioni politiche. Ma essa non morirà. Ci sono troppi testimoni contemporanei. Io sono uno di quelli. In effetti Adolf Hitler ricevette e si congratulò con i vincitori dei Giochi Olimpici del 1936 al posto d’onore dello Stadio Olimpico. Gli 800.000 spettatori giornalieri, inclusi molti visitatori stranieri, applaudirono entusiasticamente l’avvenimento. La D.ssa Gisela Mauermayer (che vive oggi a Monaco), Tilly Fleischer-Grothe (che vive oggi a Lahr), Gerhard Stoeck (che ive oggi ad Amburgo) e altri, erano tra quelle persone omaggiate. Fu inoltre disposto di omaggiare nello stesso modo il grande ed indimenticabile Jesse Owens. Ma a quel punto, il Presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Conte Bailet-Latour, fermò l’intenzione di Hitler facendo notare che questa pratica era in conflitto con le norme del Comitato. Il Conte, comunque, non ebbe niente da obiettare al fatto che si tenesse questo tipo di ricevimento congratulatorio alla Cancelleria del Reich. Il Dr. Karl Ritter von Halt, presidente del Comitato Olimpico Nazionale tedesco e capo dell’associazione tedesca di atletica, confermò in seguito questi fatti durante un incontro di ex membri della squadra tedesca. Io ero uno dei presenti a questo incontro a Stoccarda, con l’indimenticabile Ritter von Halt, che si tenne poco tempo dopo il suo rilascio dal campo di concentramento di Sachsenhausen gestito dai russi (tra le altre cose, in quel campo vi morirono l’attore Heinrich George e l’allenatore Dr. Netz). Erano anche presenti Borchmeyer (che gareggiava nella corsa finale contro Owens e che ora vive a Francoforte), Blask, Hem. Tilly Fleischer, la D.ssa Gisela Mauermayer, il Dr. Metzner, Hornberger, Stoeck, Syring, Dessecker e molti altri. Possono tutti testimoniare la verità. I fatti verranno pubblicati nella rivista degli “Sport Clubs degli ex Campioni Tedeschi”. Come ha giustamente affermato il Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Daume durante la cerimonia a Berlino, l’onore appartiene a coloro che lo meritano. I personaggi che usano il microfono per diffondere menzogne sullo schermo televisivo non appartengono a questo genere. Firmato: Walther Tripps A onor del vero, Jesse Owens stesso non diede mai alcun contributo ad alimentare il mito. Egli sottolineò ripetutamente il calore col quale fu ricevuto in Germania e la sua gioia durante quei giorni a Berlino. Ma non poté impedire che altri lo usassero come simbolo, sia in vita che in morte, per la calunniare la Germania per motivi loro. Traduzione a cura di: Gian Franco SPOTTI

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