venerdì 14 dicembre 2012

Sant'Antonio d'Egitto o del Fuoco (protettore delle stalle)

Sant'Antonio d'Egitto
Quando in Veneto si parla di S.Antonio non c'è alcun dubbio che si parli di quel frate di origine portoghese che venne in Italia per conoscere Francesco d'Assisi e ne divenne ministro per l'attuale Nord Est. In Lombardia invece persiste nel culto campestre e nella memoria quella di un S.Antonio più antico, detto anche l'abate, il Grande, sant'Antonio d'Egitto o del Fuoco, del Deserto e infine sant'Antonio l'Anacoreta. Già dalla quantità di appellativi si capisce quanto importante e illustre fosse in passato il suo culto. In qualche angolo di Lombardia si celebra ancora nei campi con fuochi di purificazione rituale il 17 gennaio( una ricorrenza ritenuta fondamentale per l'abate François-Bérenger Saunière e la questione Rennes-le-Château), giorno della sua morte nel deserto della Tebaide in Egitto. Viene riconosciuto santo da quasi tutte le chiese cristiane (cattolica, luterana, ortodossa, copta...). Aveva lasciato la famiglia, donando tutti i suoi beni ai poveri per poi ritirarsi, come si usava allora, in solitario eremitaggio secondo l'uso degli anacoreti del tempo. (Sant' Antonio abate, detto anche sant'Antonio il Grande, sant'Antonio d'Egitto, sant'Antonio del Fuoco, sant'Antonio del Deserto, sant'Antonio l'Anacoreta (Qumans, 251 circa – deserto della Tebaide, 17 gennaio 357), fu un eremita egiziano, considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati.) Secondo questa tradizione la ricerca della perfezione prevedeva che l'anacoreta vivesse in solitudine, pregasse e intrecciasse un corda come pratica meditativa. Avrebbe dovuto vivere di carità e di ciò che trovava. Dopo anni di rigorosa ma travagliata esperienza in solitudine Antonio. Si ritirò in una profonda grotta sul monte Pispir, tra le rovine di un avamposto romano. Vi rimase vent'anni a lottare contro il demonio e alimentato dalle offerte di sempre numerosi fedeli. Molti volevano stargli vicino e iniziarono a demolire la fortezza per costruirsi degli case finchè gli chiesero di uscire dal suo rifugio. Antonio acconsentì e cominciò a operare guarigioni e offrire consigli per la ricerca spirituale di ciascuno. Il cosiddetto Fuoco di S.Antonio o fuoco sacro è l'ergotismo, un male causato da un fungo della segale mal panificata. Per la sua cura nacque una comunità ospedaliera laica in Francia nel IX secolo con l'arrivo delle reliquie del santo. Riuscivano a curare il fuoco sacro e anche l'herpes zoster usando una pomata a base di grasso di maiale. Per questo avevano il permesso di allevare maiali che potevano girare indisturbati e venivano contraddistinti da una campanella.
Le tentazioni di S.Antonio di Bosch--------------------------------------------------- La comunità crebbe e si decise di dividersi in due gruppi,uno a destra e uno a sinistra del Nilo, nella zona dell'antica Tebe. Quei luoghi erano stati uno dei cuori dell'antica religiosità egizia: sulla riva orientale sorge la valle delle Regine e dei Re, la tomba di Tutankhamon e molti templi; su quella occidentale il Tempio di Luxor e quello di Amon (Karnak). Una particolarità di quest'ultimo tempio è di essere protetto da sfingi con testa d'ariete. I suoi seguaci erano uomini celibi dediti alla ricerca spirituale individuale, riuniti però come una famiglia sotto la guida di un padre spirituale, “abbà” (ebraico per padre), da cui deriva il successivo “abate”. L'innovazione rispetto agli anacoreti precedenti sta nell'accettazione di un rapporto di comunità, seppure la ricerca e le pratiche fossero poi svolte in solitudine per gran parte del tempo. Inoltre veniva praticato il lavoro per il proprio sostentamento senza affidarsi alla carità. Si formavano quindi piccole comunità anche economicamente autonome dove ognuno coltivava il proprio orto.
Una delle sfingi di Karnak-------------------------------------------------------- Anche S. Benedetto da Norcia cominciò il suo percorso spirituale ispirandosi a S.Antonio del Fuoco. Questo è il nome che preferisco. Svela il temperamento fiero dell'uomo ma anche la sua capacità di portare il fuoco spirituale nella vita. E quindi anche di comandare al fuoco visibile, l'elemento trasformatore e, in un certo senso, più vicino alla natura delle realtà più sottili, “spirituali”. Nella teoria dei chakra il fuoco è corrisponde al terzo centro energetico, quello connesso al potere personale, alla volontà: in questo senso Antonio dimostra di poter padroneggiare il proprio fuoco interiore e di voler andare oltre. Dove? Verso la rinascita attraverso l'acqua e il fuoco, come viene descritta nei Vangeli. Una delle frasi celebri di Antonio è: “Io non temo più Dio, lo amo”, in questa frase si sintetizza l'evoluzione dalla spiritualità umana precedente alla predicazione di Gesù Cristo:aprire il IV centro energetico della teoria dei chakra, ovvero il Cuore, esercitando l'amore consapevole.
Diamo ora uno sguardo all'iconografia, quella più verace lo rappresenta in abito monacale (a volte con un Tau rosso disegnato), con un bastone a forma di T cui è legata una campanella, il fuoco nell'altra mano e un maiale vicino. L'iconografia dei santi, quando era fatta da pittori profondamente ispirati, riassumeva l'impulso essenziale l'eredità di quel ricercatore spirituale (=santo). L'abito monacale ricorda la rinuncia ai beni materiali, la corda che lo chiude il celibato. Il bastone è un attributo che indica il suo potere personale, la capacità di mantenersi fedele alle sue convinzioni senza abdicare. La carta dell'eremita nei Tarocchi rappresenta forse proprio Antonio nella sua caverna.
La forma a T (a volte presente anche sull'abito) rimanda alla lettera Tau, dell'alfabeto ebraico, che anche S.Francesco d'Assisi adottò dopo i suoi viaggi in Oriente. La Tau rossa indica la misericordia di Dio Padre per i suoi figli. Il Tau rosso fu anche simbolo di un ordine di frati ospitalieri incaricati di aiutare i pellegrini lungo la via Francigena, alcuni di questi consacrati servivano in armi, allo stesso modo dei Templari. Anche la loro storia finisce con qualche mistero nel XV secolo. Il maiale fa riferimento alla vittoria di Antonio sui sensi e sulle tentazioni corporali. Dell'attributo del fuoco abbiamo già parlato. Il culto di questo Antonio andò declinando dal XV secolo, forse perché legato ad un movimento religioso caduto in disgrazia. La devozione si collegò sempre più alla vita campestre e divenne patrono degli animali domestici e delle stalle. Dalle stelle alle stalle insomma. Ci sono confuse tracce di uno scontro all'interno della cristianità occidentale tra il XIII e il XV secolo tra chi desiderava una struttura religiosa decentrata e autonoma e chi invece asseriva la necessità assoluta di un forte accentramento sotto il Papa di Roma, quello che i suoi detrattori definivano “Tempio Nero”. Vi ricordate che Antonio si ritirò nei ruderi di un forte romano? Il nome Antonio arrivò in Egitto proprio con i Romani, in particolare con quel famoso Marco Antonio, luogotenente di Cesare e avversario del giovane Augusto. E' quel famoso console che soggiogò l'Egitto e poi si alleò con Cleopatra. Egiziana era gran parte della flotta sconfitta ad Azio da quella italica di Augusto. Lo sconfitto si ritirò in Egitto e quando Augusto lo invase vittorioso si suicidò ad Alessandria, secondo la tradizione romana che era meglio darsi la morte che essere catturati e umiliati. Cleopatra lo seguì pochi giorni dopo facendosi mordere da un aspide. Antonio era il nome della Gens ovvero della famiglia allargata di Marco. Probabilmente deriva dall'etrusco e dovrebbe significare “colui che fronteggia i suoi avversari”, quindi a viso aperto e senza paura.
Statua di Marc'Antonio

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