martedì 27 dicembre 2011

La retorica e le bugie di Napolitano su Giorgio Bocca



GIORGIO BOCCA

Un grande scrittore con un passato oscuro

di Gianfredo Ruggiero

Con tutto il rispetto per una vita che si spegne definire Giorgio Bocca un esempio di coerenza, come ha fatto il presidente Napolitano in occasione della sua scomparsa, mi pare alquanto azzardato.

Di Giorgio Bocca, valente giornalista e scrittore di forte impronta antifascista, conosciamo la sua storia di partigiano, ben poco sappiamo del suo passato di fascista e razzista. Di quando nel 1940 sottoscrive il “Manifesto in difesa della razza italiana” e di quando, dalle pagine del settimanale della federazione fascista di Cuneo, si scaglia contro gli ebrei rei, a suo dire, del cattivo andamento della guerra.

Così si esprime Giorgio Bocca il 4 agosto 1942 sul giornale“ La Provincia Granda”: «…questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa della guerra attuale... A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea di essere lo schiavo degli ebrei?».

Le leggi razziali del 1938 furono una bruttissima pagina della nostra storia la cui responsabilità ricade pienamente su Mussolini e su quanti, per ignavia o convenienza, nulla fecero per evitarla. Fu scritta, però, anche da giornalisti come Giorgio Bocca che per compiacere il regime e agevolare la propria carriera giornalistica contribuirono a creare quella “coscienza razziale” che, per fortuna, non intaccò la natura vera degli italiani.

Ricordiamo Giorgio Bocca come un grande scrittore contemporaneo, ma evitiamo di innalzargli un monumento alla coerenza. Non ne ha i requisiti.

Gianfredo Ruggiero, Presidente del Circolo Culturale Excalibur - Varese

giovedì 22 dicembre 2011

La Vera Storia del Bilderberg Group



Rivista Libera il Libro - 21/08/2009

Il libro di Daniel Estulin rappresenta un’occasione unica per il mercato editoriale italiano; infatti, rappresenta l’unico testo che esplori approfonditamente la realtà del Bilderberg Group e delle due organizzazione sue sorelle: la Trilateral Commission e il Council on Foreign Relations.

Il gruppo prende il nome dall’albergo Bilderberg, nella cittadina di Oosterbeek in Olanda,e nasce nel 1952, per iniziativa della Famiglia Reale Olandese, ma ben presto vedrà coinvolti tutti gli uomini più importanti, sia del mondo politico che di quello economico, del mondo, nonché le più importanti famiglie reali europee. Le riunioni del Bilderberg sono segretissime, e la loro riservatezza è garantita sia dal regolamento interno, che non permette ai partecipanti di rivelare il contenuto degli incontri, sia da ferrei servizi di sicurezza che vedono coinvolte centinaia di guardie private, le polizie locali e i maggiori servizi segreti del mondo.

Leggendo il libro di Estulin si scopre come il Bilderberg sia dietro ai maggiori misteri della storia recente: il Piano Marshall, lo scandalo Watergate, lo scandalo Iran-Contra, ecc.

La cosa più inquietante che capirete leggendo questo libro è che il potere si sta sempre più allontanando dal popolo, per concentrarsi nelle mani di poche potentissime famiglie (i Rockefeller, i Rotschild, i Morgan, gli Agnelli, le famiglie reali europee,ecc); infatti, dalle riunioni del Bilderbrg Group, della Trilateral Commission e del Council on Foreign Relations, escono le maggiori figure di potere del mondo occidentale: grandi uomini di affari e speculatori; capi di Stato, praticamente tutti i Presidenti degli Stati Uniti erano membri di questi gruppi (lo stesso Obama ha chiesto il loro appoggio); direttori dei principali servizi segreti, come la FBI, la CIA o il MI6 britannico; i Segretari della NATO, come l’attuale in carica, Jaap de Hoop Scheffer; i direttori dei principali mass media, sia televisivi che cartacei. Vengono anche stabili gli accordi commerciali mondiali(come il NAFTA, il GATT o il WTO), e le linee guidadei programmi delle centrali della globalizzazione (il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale).

Il libro di Estulin è uno strumento fondamentale per capire esattamente quali sono i veri poteri che gestiscono la globalizzazione e l’accentramento del potere globale in mano di poche persone.

Testo tratto dalla Rivista "Libera il Libro"
http://www.macroedizioni.it/approfondimenti/_libera_il_libro_rivista.php

Liberismo, massoneria, chiesa, sinistra




In sostanza, l’immigrazione colpisce le fasce deboli della società autoctona. Quella popolazione che i Sindacati, la Sinistra politica e la Chiesa hanno abbandonato per fare spazio ai “migranti”.
Sono le élites radical-chic che vogliono l’immigrazione, perché ne godono i vantaggi a breve, come lavoro sottopagato nelle loro imprese e nelle loro case. Sono le élites che “adorano” la società multietnica perché hanno finalmente, e con la complicità di chi aveva promesso di “proteggere i lavoratori”, trovato il modo per liberarsi di chi è conscio dei propri diritti, e di sostituirlo con schiavi sottopagati.

Liberismo e Comunismo si sono saldati in un abbraccio incestuoso, l’Identitarismo è l’unica speranza dei Popoli europei.

Mario Monti del Bilderberg denunciato da Marra





PROCURA DELLA REPUBBLICA DI ROMA

ESPOSTO NEI CONFRONTI DI MARIO MONTI E ALTRI MEMBRI DEL CIRCOLO BILDERBERG.

Io, Alfonso Luigi Marra, espongo quanto segue in relazione all'appartenenza del sig. Mario Monti, nato il 19.12.43, e dei vari altri personaggi di seguito indicati, al circolo Bilderberg, chiedendo l'apertura di un'indagine circa la liceità dell'operato loro e del Bilderberg stesso.

FATTI

Anziché arroccarsi, com'è tradizione dei dittatori sconfitti infine dal peso dei troppi crimini, nei loro nidi di serpenti velenosi e attendere la soccombenza con le armi in pugno, gli accattoni del Bilderberg, coerentemente alla pochezza di cui hanno pervaso le culture del mondo, hanno reagito all'essere stati ormai smascherati in milioni di pagine internet 'autopubblicandosi' nel 2009 in un 'forum' così trasparente da illustrare ogni cosa, eccetto i crimini.

Cose, tra cui i membri, i luoghi e i tempi delle riunioni (ora 'conferenze'), noti però da anni non perché esplicitati, ma perché accanitamente svelati dai 'segugi' dell'anti-complottismo internazionale, quali il benemerito Daniel Estulin.

Un tal 'buonismo' da rendere indubbio che la prossima 'conferenza' spalancherà le porte al mondo e sarà ispirata ai più puri ideali del bene, del bello, del giusto e dell'utile.

Tanto più che nulla vieta a questi ora smascherati nemici dell'umanità di continuare altrove i complotti con i quali, dal 1954, rendono amare le nostre sorti.

Una 'segretezza' durata oltre 50 anni perché frutto di amplissime collusioni istituzionali, mediatiche, politiche, giudiziarie, e di ogni altro genere.

Tant'è che innumerevoli fonti descrivono il Bilderberg addirittura come nato da occulti aneliti mondialisti di ambienti deviati della NATO in criminale associazione segreta con i massimi poteri bancari.

Vaste cosche sempre più oggetto dell'attenzione mediatica, ma che insistono a nicchiare perché tremano all'idea del momento, imminente, in cui dovranno confrontarsi con la collettività.

Un però inutile espediente, quello di tentare di salvarsi autopubblicandosi, perché i crimini sono nelle parole stesse di cui all'invero singolare 'forum'.

Da un lato recita infatti l'art. 1 della legge Anselmi (legge n. 17, del 25.2.82):

«Si considerano associazioni segrete, come tali vietate dall'art. 18 della Costituzione, quelle che, anche all'interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto od in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale»,

e, dall'altro, sulla home del 'forum' Bilderberg - tragicomicamente - si legge:

«.. In breve, il Bilderberg è un piccolo, flessibile, informale e non registrato forum in cui possono essere espressi differenti punti di vista e può essere intensificata la reciproca comprensione. La sola attività del Bilderberg è la sua annuale Conferenza. In questi incontri non vengono raccolti voti e non vengono emesse statuizioni comportamentali. Dal 1954 si sono tenute 59 conferenze. Per ogni incontro i nomi dei partecipanti come dall'agenda sono resi pubblici e sono rinvenibili sulla stampa».

Parole che di per se stesse implicano la natura illecita del Bilderberg perché - giuridicamente parlando - la composizione dei contesti di personaggi che alle 'conferenze' si mescolano senza documentazione configura di per sé l'associazione segreta di cui alla legge Anselmi.

La configura perché si tratta - proprio come vietato - di una mescolanza di uomini pubblici non liberi di partecipare a incontri non privati non protocollari, non documentati, segretati, con i titolari delle massime concentrazioni mondiali di interessi privati.

Una surreale, incredibile, illecita mescolanza di Capi di Stato, Re, Regine, Ministri, Presidenti di Parlamenti (tipo Barroso), Commissari Europei, chiusi in segreti ambiti con banchieri come David Rockefeller, o altri ai massimi livelli della BCE, della FED o della BdI, con i vertici delle massime multinazionali, con giornalisti delle principali testate, e insomma con gli uomini chiave di tutto quanto accade nel mondo.

Uomini che, proprio come Monti dopo la 'conferenza' di St. Moritz del 9/12 giugno 2011, sol che sortano dalle ovattate alcove dei segreti rituali inseminatorii della pregnazione bilderberghina, vengono rapiti da aliti messianici e traslati fino agli Olimpo di ogni forma di potere, come Clinton, Obama (rappresentanti del cui governo partecipano alle 'conferenze'), Trichet, Ignazio Visco, Romano Prodi, Tony Blair, Mario Draghi, Franco Barnabé, Giulio Tremonti, Marco Tronchetti Provera, Tommaso Padoa Schioppa, Alessandro Profumo, Emma Bonino, Gianni Riotta, Ben Bernanke, Corrado Passera, Walter Veltroni, Sergio Romano, Carlo Rossella, Claudio Martelli e molti altri.

Politici, Re, Regine, Principi, quali Sofia di Grecia, Bernardo d'Olanda, Beatrice d'Olanda, Carlo d'Inghilterra, Juan Carlos di Spagna, grottescamente mescolati in un comune delirio di onnipotenza con squali dell'industria, del commercio e della finanza mondiale, quali Edmond de Rotschild, o i nostrani Giovanni Agnelli, Umberto Agnelli, John Elkan, con rappresentanti della Coca Cola, di IBM, Sony, British Petroleum, Shell, Exxon, Pan Am, Mobil, Texas Instruments, ENI, Toyota, Mitsubishi, Philips, Dunlop, HP.

Una singolare, illecita confraternita di soggetti che - dimentichi delle lezioni della storia, pur densa di rovesciamenti di poteri 'intramontabili' fino all'attimo prima di essere travolti - si è ritenuta sopra le leggi, stante l'essere così tanti, potenti, legati da regimi di relazioni di anno in anno sempre più consolidatesi nei 'salotti buoni' del mondo e in ogni altra sede e occasione che le circostanze richiedessero.

Uomini che devono tra l'altro essere considerati gli artefici del crimine dei crimini: il signoraggio primario e secondario.

Uomini i cui «punti di vista» - quelli di cui le 59 conferenze che si sono succedute hanno «intensificato la reciproca comprensione» - configurano in realtà le politiche mondiali di questi 59 anni, le scelte atomiche energetiche e militari con le quali ci hanno rovinato, le guerre da far scoppiare o quelle da sedare, i governi da promuovere o quelli da abbattere, le economie da schiacciare o quelle da alimentare, i dittatori da uccidere o quelli da sostenere, le etnie, le nazioni, i popoli, da sterminare o da vessare economicamente o quelli da privilegiare, l'inquinamento da consentire e quello da graduare, e tutto quant'altro ha reso drammatico il nostro quotidiano.

O no amici magistrati? O ancora si può insistere nel fingere di non capire e nello stare al gioco in cambio dei benefici dello status quo e non solo? Perché se da un lato sussiste una vastissima collusione culturale, dall'altro c'è anche moltissima corruzione materiale anche in ambito giudiziario, e molti giudici appartengono loro stessi alle organizzazioni segrete.

Comportamenti, quelli del Bilderberg, dei suoi membri e di quelli che li sostengono, che configurano la ovvia, sfrontata violazione, a tacer d'altro, degli articoli del codice penale: -n. 241 (Attentato contro l'integrità, l'indipendenza o l'unità dello Stato); -n. 283 (Attentato contro la Costituzione dello Stato); -n. 648 bis (Riciclaggio); -n. 501 (Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio); -n. 501 bis (Manovre speculative su merci); -n. 416 (Associazione per delinquere).

Me ne farete pentire? Aggredirete i miei figli? I miei nipoti? I miei cari? Mi delegittimerete con gli attacchi giudiziari e le calunnie? Mi colpirete economicamente? Fiscalmente?

È già successo, per anni, a partire dal 1985, con la legittimazione del rapimento dei miei figli ad opera dell'Australia con il concorso dell'Italia, e poi, contro di me, dal 1994, per un decennio, con gli attacchi giudiziari che vi ho ad uno ad uno ricacciati in gola uscendone indenne. Sicché ricominciate pure: sappiamo già tutto! E sapete qual è la nostra concorde decisione? Riduceteci pure sul lastrico, arrestateci, chiudeteci nelle carceri più buie, uccideteci: noi continueremo a gridarvi in faccia fino all'ultimo alito di vita la nostra condanna invitando la collettività mondiale a far sì che, siccome i vostri crimini sono di rilevanza planetaria, non vi sia tra breve angolo dove possiate sfuggire al dissenso sociale che qui ed ora chiedo alla società di esprimere - a prescindere dalle sanzioni di cui al diritto penale, che attengono alla magistratura - con la vostra immediata restituzione alla condizione di cittadini privati per impedire la prosecuzione dell'immane danno che arrecate.

Chiedo per tali motivi voglia la Procura della Repubblica di Roma avviare una vasta attività info-investigativa tesa a verificare la conformità o non conformità alle leggi dell'operato del circolo Bilderberg e dei suoi membri sia in relazione a quanto accaduto da ultimo che negli anni scorsi nelle 'conferenze', e sia in relazione all'ovvio prosieguo ad opera di ciascuno nel corso dell'anno e nei vari 'teatri', con particolare riferimento alla liceità del comportamento di Mario Monti quale membro del Bilderberg, nonché dell'eventuale attinenza delle ragioni di coloro che hanno sostenuto la sua nomina alla Presidenza del Consiglio, o comunque della sua nomina, alla sua appartenenza al Bilderberg e/o ad altre organizzazioni segrete o in conflitto con gli interessi pubblici.

Chiedo in particolare la verifica del se esistono i collegamenti denunciati da alcuni politici tra la partecipazione di Monti alla 'conferenza' Bilderberg di St. Moritz del giugno 2011 e la sua nomina alla Presidenza del Consiglio.

Segnalo all'informazione, ai partiti, ai sindacati, alle categorie, alla società tutta, la necessità di vigilare affinché la questione non sia risolta con facili archiviazioni, perché è in re ipsa - per il non avere aperto da sé questa indagine - che la magistratura non è neutrale verso il Bilderberg.

Premesso che si ritiene la competenza della Procura di Roma, chiedo espressamente di essere informato in caso di richiesta di archiviazione ex art. 408 cpp.

Avv. Alfonso Luigi Marra

sabato 17 dicembre 2011

L'ingiustizia delle forze politiche e dello stato degenerato



Per ricordare Giuseppe Segato il martire veneto del sistema giudiziario.
Perseguitato per non aver commesso nulla. Il Cacciari lo ha denunciato (lui che insegna al San Raffaele di don Verzè), ma anche la lega lo ha immolato e ne ha preso le distanze. La giunta do Borgoricco lo ignora.Insomma per motivi diversi tutti ne prendono le distanze. Giuseppe Segato è un martire, che ha dovuto svendere la casa per pagare l'avvocato della sua difesa, alla faccia del paese libero!!!!!!
Il primo difensore fu Taormina e poi ne segiuirono altri.
Le incessanti spese per gli avvocati e il meccanismo giudiziario lo ha logorato e minato nella sua salute, ecco uno dei motivi della sua improvvisa morte. Dobbiamo anche ricordare gli anni, ingiustamente, passati in carcere, lui che non ha torto un capello a nessuno. Vittima di un sistema degenerato dove la libertà è solo teoria.
Giuseppe sei un simbolo

Il Veneto atipico, partigiano con il suo luamaro



Luigi Meneghello nato a Malo in provincia di Vicenza ci ricorda un termine -volgare- largamente usato nella quotidianità veneta e che lo riporta nella sua opera più significativa (il romanzo: -Libera nos a malo-). Con molta probabilità la sua notorietà fu dovuta al fatto che fu anche lui un partigiano, molto ambiguo come gran parte dei partigiani d'Italia.

Nell'ottobre 1939 si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Padova. Nel 1940 risiede a Padova in via Gabelli, vicino a Santa Sofia, con un suo compagno di studi Renato Ghiotto, futuro giornalista e pubblicista.

Nel maggio 1940 partecipa ai Littoriali nel campo della “dottrina fascista” e vince il suo concorso. Una sintesi del suo testo viene pubblicato nel numero di “Gerarchia” del giugno 1940 con il titolo: “La dottrina del fascismo e la politica del Regime nel pensiero dei Littori. Razza e costume nella formazione della coscienza fascista.”

Come vincitore del Littoriale
« “… il regime gli offre la possibilità di farsi assumere da un giornale in veste di “apprendisti di mezzo-lusso”, con un stipendio di praticante (iscritto a carico dei bilanci del Ministero della Cultura Popolare): mille lire al mese[1] , la metà dei proventi “di un professore universitario in cattedra, il doppio di una maestra elementare … ” (Fiori italiani- pag. 929) »

venerdì 16 dicembre 2011

Pascal, Sull'inutilità della teologia razionale




La teologia è una "scienza" non soltanto inutile ma asservita al potere e che poteva giustificare la condanna a morte di un eretico. La delinquenza umana le inventa tutte per eliminare gli avversari! Uno dei grandi filosofi dell'Europa Blaise Pascal nato dopo la controriforma ci illumina e ci apre gli occhi su di una scienza fra le più "manipolabili". La religione cristiana si fonda sulla teologia, perciò state all'occhio!

Pascal, Sull'inutilità della teologia razionale
Secondo Pascal la teologia razionale è inutile perché “la ragione si lascia piegare da ogni verso”: le prove razionali convincono soltanto chi è già convinto; sugli altri al massimo suscitano curiosità. Il Dio cristiano è un Deus absconditus, un “Dio nascosto” (Isaia, XLV, 15).



B. Pascal, Pensieri S. 106, 107; B. 561, 242



106. Ci sono due maniere di persuadere delle Verità della nostra religione: l'una, con la forza della ragione; l'altra, per mezzo dell'autorità di chi insegna.

Ci si serve non di quest'ultima, bensí della prima. Non si dice: “Bisogna credere questo, perché la Scrittura, che lo afferma, è divina”, ma che bisogna crederlo per la tale o tal altra ragione: tutti argomenti assai deboli, perché la ragione si lascia piegare per ogni verso.

107. Prefazione della seconda parte. Parlare di coloro che si sono occupati di questa materia.

Considero con stupore con quale ardire costoro si accingono a parlare di Dio. Rivolgendosi con i loro discorsi agli increduli, cominciano con il provare la divinità per mezzo delle opere della natura. Non stupirei del loro modo di procedere se rivolgessero i loro discorsi ai credenti, perché è certo [che coloro] che han viva la fede nel cuore vedono súbito che tutto quanto esiste è opera del Dio che adorano. Ma per coloro in cui quella luce è spenta, e si mira a farla rivivere, per quelle persone prive di fede e di grazia, che, pur impiegando tutta la loro intelligenza a cercare tutto quanto nella natura può condurli a tale conoscenza, ci trovano soltanto oscurità e tenebre; dir loro che basta guardarsi intorno per scorgere chiaramente in ogni minima cosa Dio, e addurre, per tutta prova di cosí grande e importante argomento, il corso della Luna e dei pianeti, e pretendere di aver con questo discorso assolto il proprio assunto, questo è dar loro motivo di credere che le prove della nostra religione sian molto deboli. E, infatti, ragionamento ed esperienza m'insegnano che nulla è piú atto a fargliela prendere in dispregio.

Non cosí parla delle cose di Dio la Sacra Scrittura, che pur le conosce molto meglio. Essa dice, anzi, che Dio è un Dio nascosto; e che, dopo la corruzione della natura, ha lasciato gli uomini in un accecamento da cui posson uscire solo per opera di Gesú Cristo: fuori del quale è impossibile ogni comunicazione con Dio: “Nemo novit Patrem, nisi Filius, et cui voluerit Filius revelare” [“Nessuno ha conosciuto il Padre se non il Figlio e colui a cui il Figlio ha voluto rivelarlo”] (Mt., XI, 27).

È quel che c'insegna la Scrittura, quando dice, in tanti luoghi, che coloro i quali cercano Dio lo trovano. Non si parla di una luce che sia come quella meridiana. Non si dice che coloro che cercano la luce in pieno meriggio o l'acqua nel mare la troveranno. Bisogna, dunque, che l'evidenza di Dio nella natura non sia di tal sorta. Cosí, la Scrittura dice altrove: “Vere tu es Deus absconditus” [“In vero tu sei un Dio nascosto”].



(B. Pascal, Pensieri, a cura di P. Serini, Einaudi, Torino, 1967, pagg. 39-41)

giovedì 15 dicembre 2011

Martin Bernal

Risultati immagini per Martin Bernal atena nera


Black Athena, “Atena nera" è il titolo che nel 1987 Martin Bernal diede a un libro,
destinato a suscitare accesi dibattiti, in cui si proponeva di denunciare il mito
eurocentrico della civiltà classica, facendo presente il grande debito che la civiltà
occidentale ha nei confronti delle più antiche civiltà del Vicino Oriente antico, in
particolare quelle dell'Egitto e della Mesopotamia. Il titolo-shock deriva dalla
consapevolezza (diffusa già presso gli antichi) di una identificazione della dea greca
Atena con la dea Neith egiziana. Non intendo qui soffermarmi sulla validità delle tesi
di Bernal. Quello che mi preme sottolineare è la disinvoltura con cui questo autore (e
con lui più o meno tutti coloro che sono intervenuti nel dibattito sul libro, sia
favorevoli sia contrari alle sue posizioni) considera "nero" come sinonimo di
"africano". Né gli antichi egizi né i popoli mesopotamici dell'antichità erano di pelle
"nera". E neppure tutti i popoli del Nordafrica dall'Egitto fino all'Atlantico. Al
massimo saranno stati bruni di capelli e con la carnagione facile all'abbronzatura,
come tutti i popoli intorno al Mediterraneo. Ma qui "black" sta proprio per
"melanoderma": "negro" come si dice in italiano e come oggi è tabù dire in inglese.
Negli Stati Uniti, come si sa, ogni qual volta si intende parlare di una persona di
colore si evita di alludere direttamente al colore della pelle, e si usa il termine
"African". In questo modo, però, si "forza" il significato letterale della parola, facendo
coincidere l'"africanità" con un dato tipico solo delle popolazioni dell'Africa a sud del
Sahara (la pigmentazione scura della pelle), e si lascia in ombra una vasta parte del
continente, che per quanto se ne sa, perlomeno dal neolitico è popolata da genti di
pelle bianca.

La chiesa guadagna con il porno






Da: pilloledi.osasapere.it



Una notizia ANSA di oggi ci rivela che la chiesa cattolica guadagna delle ingenti somme di denaro grazie al porno.


Sembra un assurdo eppure il quotidiano tedesco die Welt ha accusato uno dei più grandi editori tedeschi (Weltbild),che è di proprietà della chiesa cattolica,di pubblicare testate a sfondo pornografico.L’editore cattolico conta oltre 6.000 dipendenti ed un giro d’affari di oltre 1,7 miliardi di euro annui.


Dal canto suo Weltbild si difende(???) ammettendo che si tratta solo di pubblicazioni erotiche (???).


Tra i titoli pubblicati ci sono: “Storie sporche”,”La puttana dell’avvocato” e “Sesso per intenditori”

Chissà che un domani “Famiglia cristiana non prenda la stessa direzione

martedì 13 dicembre 2011

La Cina è pronta all'eventuale attacco all'Iran.



Pechino avverte Usa: pronti ad entrare in guerra a favore dell'Iran, marina cinese in stato di allerta

durissimo monito della Cina agli Usa e i suoi alleati: nel caso in cui l’Iran venisse attaccato da Washington o da qualunque altro paese, Pechino entrerà subito in azione scegliendo l’opzione militare a favore di Teheran.

L’ha detto il presidente cinese Hu Jintao citato da ‘European Union Times’, organo del Pentagono. A confermare la notizia e’ stato per prima il premier russo, Vladimir Putin, che ha menzionato le parole del capo di stato di Pechino secondo cui l’unica via per fermare l’aggressione occidentale contro l’Iran e’ quella militare; la Cina adottera’ misure di rappresaglia contro ogni azione ostile alla Repubblica islamica. Le forze marine della Cina sono attualmente in stato di massima allerta dietro l’ordine dello stesso Jintao, il quale secondo la Fars News, in un incontro con i capi dell’esercito del suo paese ha promesso di supportare l’Iran ad ogni costo correndo persino il rischio di coinvolgersi nella terza guerra mondiale

Un governo che ruba al popolo!




Liberalizzano il lavoro dipendente e non toccano gli ordini professionali e la vergogna più grande abbiamo ancora i notai per le compravendite ordinarie, un retaggio del Medioevo. Non toccano i Taxi e i parlamentari mantengono i privilegi come la chiesa. Questo sistema fa sempre più schifo!

lunedì 12 dicembre 2011

Verzè e gli amici di merende






Don Verzé afferma:"Berlusconi è stato mandato dalla Divina Provvidenza per salvare il paese".
Parole sante, se non ricordo male anche il Cardinal Gasparri(quello dei Patti Lateranensi per intendeerci) usò pressapoco le stesse parole per osannare il Duce che aveva firmato un concordato tutt'ora valido e ratificato sia da Craxi che dal Berlusconi. Sembra che cambino gli atteggiamenti, in realtà gli eventi si ripetono e con essi le demenzialità diventano croniche. Viva l'ItaGlia


venerdì 9 dicembre 2011

Quanto è buono Bagnasco e anche disponibile!

Abbiamo capito che siete dei banali approfittatori anche nei momenti in cui il paese versa in gravi difficoltà. Alla Chiesa e ai suoi Cardinali sembra interessi solo mantenere gli ordinari privilegi economici, come da sessant'anni a questa parte. Ormai l'opinione pubblica ora è consapevole, più che mai, dell'imbroglio che lo stato sta assestando agli Italiani. Vaticano, Chiesa di Roma, Papa, Cardinali, Vescovi, Monsignori, preti semplici, Religiosi laici DATEVI UNA MOSSA! E' chiaro ormai che siete, nella maggior parte, sempre interessati solo ed esclusivamente al vile denaro (sterco di Satana), ma cercate di amare questa terra dove è cresciuta la religione cristiana Romana.

                                                 Risultati immagini per cARDINAL bAGNASCO


Genova, 9 dic. (TMNews) - I vescovi aprono al confronto sulla questione del pagamento dell'Ici sugli immobili patrimonio della Chiesa. "Non ci sono pregiudiziali" per "eventuali puntualizzazioni" sulla legge che regola l'Ici, ha detto il cardinal Angelo Bagnasco, presidente della Cei, la Conferenza episcopale italiana. Bagnasco ha aggiunto: "Come è noto, la legge prevede un particolare riconoscimento e considerazione del valore sociale delle attività degli enti no profit, tra cui la Chiesa italiana, e quindi anche di quegli ambienti che vengono usati per specifiche attività di carattere sociale culturale ed educativo. Bisogna aggiungere che laddove si verificasse qualche inadempienza, si auspica un accertamento e la conseguente sanzione, come è giusto per tutti". Poi Bagnasco ha spiegato: "Per quanto riguarda eventuali punti della legge che avessero bisogno di qualche puntualizzazione, non ci sono pregiudiziali da parte nostra per poter fare queste precisazioni nelle sedi opportune". Int5

giovedì 8 dicembre 2011

Rubare ai poveri per dare ai ricchi




Il ladrocinio e di casa e l'iniquitò pure!

Banche, Chiesa e ricchi graziati dalla nuova Ici: pagano sempre i poveri.

La stangata non è uguale per tutti: gli istituti e altre categorie verranno colpiti da un aumento degli estimi del 20%. E il Vaticano...
Il nuovo governo Monti sostenuto anche dalle Sinistre ha agito in maniera prevedibile: i forti e gli intoccabili non pagano i sacrifici che vengono così scaricati sempre al popolo sempre più impoverito. In nome del PIL, delle Banche Centrali, del vaticano i più ricchi si salvano dai sacrifici e il popolo minuto deve soffrire. Monti sei un ipocrita messo dal sistema delinquenziale che si chiama democrazia. A cosa serve a questo punto il voto se poi si delega un governo tecnico appoggiato da una sinistra (a questo punto) ipocrita e di merda che appoggia indiscriminatamente le scelte di questo governo così detto tecnico?

Quando la storia fa paura




QUANDO LA STORIA FA PAURA

di Gianfredo Ruggiero
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In Italia c’è ancora chi ha paura del passato e il terrore che una parte della nostra storia contemporanea – mi riferisco agli anni trenta – possa essere rivisitata in senso critico e, soprattutto, senza il filtro ideologico.

A Varese è stata recentemente scoperta una targa in ricordo di Giovanni Gentile, uno dei più grandi filosofi italiani del ‘900 e artefice della attuale scuola pubblica italiana. Questo riconoscimento ha scatenato un vespaio di polemiche a causa del sostegno del grande pensatore italiano al regime fascista. Polemiche alimentate soprattutto da parte antifascista nonostante (o forse per questo) sia stato vigliaccamente assassinato nel ‘44 proprio dai partigiani.

Senza voler rinfocale polemiche, ma solo per amor di verità vorrei proporre un breve elenco (mi limito ai nomi più conosciuti) delle personalità che sostennero Mussolini negli anni del consenso. Molti di loro aderirono al Regime per sincera convinzione e per questo sul finire della guerra, ed anche dopo, pagarono la loro coerenza con l’ostracismo o con la vita, come appunto Giovanni Gentile o come Nicola Bombacci, il fondatore del Partito Comunista Italiano poi strenuo assertore della socializzazione fascista, assassinato a Dongo con Mussolini.

Alcuni aderirono al Fascismo per conformismo, ma tanti altri si accasarono per puro servilismo e opportunismo. Costoro, infatti, non esitarono un attimo a passare dall’altra parte quando il regime entrò in crisi, rinnegando il loro passato fascista e giustificando frettolosamente la loro entusiastica adesione al regime come un ingenuo errore giovanile (significativi, al riguardo, sono i casi del giornalista Giorgio Bocca che nel ‘42 scriveva articoli razzisti contro gli ebrei e del premio Nobel ex camicia nera Dario Fo).

Ho profondo rispetto per gli antifascisti che in pieno regime, quando Mussolini modernizzava il paese, edificava lo Stato sociale, dava impulso all'economia e alla piena occupazione e perfino la Chiesa considerava il Duce come uomo voluto dalla Provvidenza, ebbero il coraggio di opporsi a Mussolini come i fratelli Rosselli o di cambiare opinione come Indro Montanelli. Ho molta meno considerazione, anzi avversione e in alcuni casi disprezzo per chi, alla caduta del regime il 25 luglio del ’43, nel volgere di ventiquattro ore passò senza alcun pudore e ritegno dal fascio littorio alla falce e martello, distinguendosi poi per zelo antifascista.

Vestirono la camicia nera - alcuni fino alla morte, altri poi rinnegandola e altri ancora conservandola nel cuore - uomini di cultura, di scienza e di spettacolo quali: Guglielmo Marconi, Luigi Pirandello, Pietro Mascagni, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Leo Longanesi, Ugo Spirito, Renato Guttuso, Enrico Falqui, Giorgio Albertazzi, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Walter Chiari, Luciano Salce, Marcello Mastroianni, Wanda Osiris, Amedeo Nazzari, Boccasile, Concetto Marchesi, Trilussa, Mario Carotenuto, Carlo Dapporto, Paolo Emilio Taviani, Enrico Maria Salerno, Gorni Kramer, Alberto Lattuada, Michelangelo Antonioni, Angelo Del Boca, Alberto Mondadori, Norberto Bobbio, Dario Fo, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Curzio Malaparte, Elsa Morante, Enrico Prampolini, Dino Buzzati, Ezra Pound, Filippo Tommaso Marinetti, Giovanni Papini, Ugo spirito, Hugo Pratt, Indro Montanelli, Marcello Picentini, Ugo Oietti, Gino Bartali, Giovanni Agnelli.

Molti politici, oggi antifascisti, ieri elogiavano il Duce: GIULIO ANDREOTTI, democristiano, nel 1942/43 scrive articoli apologetici sui giornali del Regime “Rivista del Lavoro” e “Terra”. GIULIO CARLO ARGAN, ex sindaco comunista di Roma, in pieno regime è segretario di redazione della rivista fascista "Le Arti" e collaboratore del Ministro Bottai. AMINTORE FANFANI, democristiano nel 1941 scrive un libro, ”Il significato del Corporativismo”, in cui esalta fra l’altro la “sanità di razza”. ARRIGO BOLDRINI, Presidente dell'associazione dei partigiani ANPI, nel 1939 lo troviamo volontario nelle Camicie Nere e Capomanipolo della Milizia. NILDE IOTTI, comunista, ex Presidente della Camera, nel 1941 si iscrive al Partito Nazionale Fascista e nel 1942 aderisce alla G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio). LUIGI LONGO, comunista, negli anni ’30 dirigeva a Pisa il giornale degli universitari fascisti e nel 1936 è tra i firmatari con Togliatti e Leo Valiani del manifesto del Pci che dichiara “Noi comunisti facciamo nostro il programma fascista del 1919, che è un programma di pace, di libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori”. EUGENIO SCALFARI, fondatore del quotidiano di sinistra LA REPUBBLICA, sostiene la politica razziale del Governo e scrive su "ROMA FASCISTA" del 24 settembre 1942 un articolo intitolato “volontà di potenza” in cui afferma che “non è più sufficiente limitarsi all’Impero, ma bisogna andare oltre facendo leva su due elementi ben distinti: il popolo e la razza”. ALDO MORO, nel 1943 raccoglie in un volume dal titolo “Lo Stato” le sue lezioni universitarie infarcite di nozioni sullo Stato etico, di elogio della guerra quale “tipica realizzazione di giustizia…” e di condivisione del concetto di razza. BENIGNO ZACCAGNINI, democristiano, nel 1939 pubblicava su Santa Milizia, periodico della federazione fascista ravennate, ben tre articoli di politica razziale e contro il meticciato. GIOVANNI SPADOLINI, collaboratore di Giovanni Gentile, scrive su "Italia e Civiltà" del 15 febbraio 1944 un lungo articolo di sprone al Governo Mussolini e di denuncia contro gli “...opportunisti, i rimasugli della massoneria e i detriti del judaismo”. ANTONELLO TROMBADORI, leader comunista, nel 1937 entrò nella redazione del quotidiano il "Tevere" diretto di Interlandi, noto per le sue campagne di stampa contro gli ebrei.

Un elenco più completo, corredato da significative note biografiche, si può facilmente reperire su internet: ricordare.wordpress.com/perche-ricordare/091-i-camaleonti/ e sul libro “Camerata dove sei?” edizioni controinformazioni, Roma 1976.

Contestare una targa ricordo a Giovanni Gentile per i suoi meriti in campo accademico solo perché nel momento della sconfitta non rinnegò i suoi principi è non solo ingiusto, ma soprattutto offensivo nei confronti di tutti coloro che, a prescindere dalle loro idee, hanno ancora oggi la forza ed il coraggio di rischiare per i loro ideali. Diceva Ezra Pound, il grande poeta amico e sostenitore di Mussolini internato dagli americani in un manicomio criminale alla fine della guerra, “chi non è disposto a rischiare per le sue idee o le sue idee non valgono nulla o non vale nulla lui.

Gianfredo Ruggiero, Presidente Circolo Culturale Excalibur - Varese







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Giovanni Gentile, un filosofo scomodo



di Gianfredo Ruggiero
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Giovanni Gentile fu, con Benedetto Croce, l’esponente principale del neoidealismo italiano. La sua visione del mondo, quella di un Umanesimo del Lavoro capace di realizzare un’autentica giustizia sociale, lo portò a rielaborare in forma organica l’idealismo di Hegel.

Il suo nome è legato alla prima (e a tutt’oggi unica) riforma organica della scuola italiana, affidando all’insegnamento della filosofia e delle materie umanistiche un ruolo centrale nello sviluppo pedagogico dello studente; all’Enciclopedia italiana (con G.Treccani) alla cui realizzazione Giovanni Gentile chiamò, al di sopra delle parti, le massime autorità scientifiche dell’epoca senza alcuna distinzione di credo politico affinché quest’opera monumentale (36 volumi) rappresentasse la summa del sapere italiano; alla Normale di Pisa, ristrutturata, potenziata e resa di gran prestigio.

L’influenza di Gentile sulla cultura italiana, accresciutasi nel tempo per merito delle sue pubblicazioni, delle iniziative con Benedetto Croce e della produzione della sua scuola filosofica, fu enorme e si estese anche grazie agli innumerevoli incarichi che ricoprì durante il regime fascista, cui aderì con entusiasmo e coerenza. Va ricordato, a riguardo, l’estensione del ”Manifesto degli intellettuali italiani fascisti ” (che sancì la definitiva rottura con Croce) che recava firme illustri tra cui quelle di Luigi Pirandello, Gioachino Volpe, Curzio Malaparte, Filippo Tommaso Marinetti, Enrico Corradini e Giuseppe Ungaretti.

Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, presidente dell’Accademia d’Italia e Ministro della Pubblica Istruzione durante il primo governo Mussolini (1922-1924).

Nell’esperienza storica avviata da Mussolini, Giovanni Gentile vide quella sintesi tra pensiero e azione necessaria per portare a compimento il processo risorgimentale (depurato dalle scorie del liberalismo e superate le contraddizioni del socialismo) e gettare le basi per la costruzione di uno Stato moderno: lo Stato Nazionale del Lavoro.

Dopo la crisi del 25 luglio 1943, aderì alla Repubblica Sociale Italiana come atto di fede nella capacità rigeneratrice dell’Italia e di stima per Benito Mussolini. Sapeva, come moltissimi giovani che risposero all’appello del Duce, che difficilmente sarebbe sopravvissuto a quell’avventura e che, viceversa, si sarebbe salvato standosene tranquillo in disparte.

Fece opera di riconciliazione tra le parti per evitare una guerra fratricida che avrebbe (cosa che puntualmente avvenne) diviso gli italiani per generazioni.

L’assassinio di Giovanni Gentile, avvenuto Il 15 aprile del 1944 ad opera di un gruppo di partigiani antifascisti, giunse a ciel sereno: c’erano state solo alcune minacce alla rivista fiorentina da lui diretta ed estese ai suoi collaboratori, fra cui spiccavano i nomi di Ardengo Soffici e del futuro leader repubblicano Giovanni Spadolini e alcuni attacchi volgari dai microfoni di radio Londra.

La morte di Gentile, cui seguì la demolizione intellettuale e morale di Benedetto Croce, fu voluta soprattutto da Togliatti per sgombrare il campo filosofico nella prospettiva di un’egemonia culturale marxista e fece tirare un sospiro di sollievo ai tanti intellettuali antifascisti che, come afferma Paolo Mieli nel suo saggio ”Una rilettura liberale di Giovanni Gentile”, durante il regime poterono campare scrivendo.

La grandezza postuma di Gentile non sta solo nella sua statura di pensatore e uomo di cultura, ma anche nell’aver tenuto ferme, fino alle estreme conseguenze, le proprie idee: una coerenza che per quanti si schierano a destra dovrebbe essere d’esempio soprattutto oggi, nel momento in cui, come dice una bella canzone della Compagnia dell’Anello, "stiamo buttando alle ortiche, per inseguire il potere, la nostra Fede più antica e le ragioni più vere”.
Gianfredo Ruggiero, Presidente Circolo Culturale Excalibur - Varese

Il potere sovranazionale e il signoraggio





L'ennesima denuncia contro il potere senza nazionalità.

Alberto Medici - Ingannati. Fin dai tempi della scuola
http://www.signoraggio.org/ingannati.html


Il libro è acquistabile direttamente da questa pagina internet. Io
l'ho fatto e mi è arrivato.

***

Ovviamente, chi è convinto di vivere nel "migliore dei mondi
possibili", lasci pure perdere.
Il libro di Medici è destinato a chi qualche serio dubbio sulla realtà
che lo circonda e la vita che conduce se l'è posto...

Perché vi consiglio vivamente l'acquisto e la lettura di questo libro?

1) è scritto con un linguaggio semplice, alla portata di tutti, ma
affronta argomenti della massima importanza perché riguardano le vite
di tutti noi "gente normale": quindi è un libro da far girare anche
tra amici e parenti che si sono, come si dice, "ammoscati"... ma che
ancora fanno fatica a "ricomporre i pezzi del puzzle".
2) ma l'importanza di questo libro sta soprattutto nell'indicare una
"via d'uscita"... Sì, perché può accadere che dopo aver troppo
"saputo", si sia colti da un senso di "disperazione/frustrazione" che
viene dalla constatazione che siamo "ingannati" praticamente su tutto.
L'autore ci dice esplicitamente, con pochi ma chiari riferimenti alle
fonti della sua fede cattolica(*), che non ha senso - per non dire che
è addirittura autolesionistico - "controinformarsi" ad oltranza se poi
si deve rimanere "arrabbiati" o "frustrati"...
Informarsi, quindi, è il primo passo per "svegliarsi" e "vivere liberi".
3) Il libro serve inoltre a comprendere che tutto quel che ci provoca
di volta in volta un moto di disgusto e repulsione (politica,
economia, sanità, media ecc.), produce quest'effetto perché la nostra
natura profonda è "divina"; pertanto il nostro essere - non il piccolo
"io" egoistico autore di questi ed altri disastri - ci dice che tutto
ciò è un "delitto", un "crimine", un "tradimento" verso il Creatore
che così generosamente ci ha messo a disposizione un mondo "perfetto"
che invece solo l'ingratitudine umana crede sempre "perfettibile"...
Il finale, scopritelo voi... il libro si chiude tirando le somme dei
vari "inganni", ed esortando a scoprirne anche altri, indicando qual è
il "grande inganno" che compendia tutti gli altri...
(*) Medici si rivolge comunque esplicitamente anche agli "amici
musulmani", agli "amici non credenti" ecc.; a tutti, insomma, perché
siamo tutti "figli del Cielo"...

Il mio consiglio, adesso, ve l'ho dato. Se pensate che non valga la
pena spendere 15 euro (spedizione compresa) per un libro così
importante e scritto veramente col cuore come raramente capita di
leggere... tenetevi Vespa, Floris, Annunziata, Repubblica, Corriere,
Tg1, Tg5, La7 ecc. ecc.

mercoledì 7 dicembre 2011

domenica 4 dicembre 2011

La "massoneria" che domina il mondo

“ECCO I NOMI SEGRETI DEI 43 MASSONI ITALIANI”. A QUANTO PARE SONO SOLO 42 GLI AMICI DEL BILDERBERG.

L’elenco degli italiani che hanno partecipato almeno una volta al gruppo Bilderberg, la loggia massonica più potente al mondo, comprende 43 nomi. ANZI, 42!!!!!

Di seguito il nome e il cognome dei soci e la carica che ricoprivano al momento della partecipazione alla lobby.

In merito ad un avviso giunto nella nostra redazione multimediale, l’avv. dell’On. Veltroni chiede l’immediata rimozione del nome del suo assistito da questa lista poichè non ha mai partecipato a nessuna riunione del gruppo Bilderberg.

Questo il testo della richiesta:


Ho ricevuto mandato dall’On. Walter Veltroni di diffidarVi all’immediata rimozione del Suo nome dall’elenco sopra pubblicato, in quanto falso e profondamente lesivo del suo onore e della sua reputazione. Infatti lo stesso non ha mai partecipato al “gruppo Bildeberg”, nè è mai appartenuto ad alcuna loggia massonica o organizzazione segreta. Vi invito, pertanto, ad escludere il nome di Walter Veltroni dall’elenco indicato e a ripristinare la verità dei fatti, informandoVi che in caso contrario sarò costretto, mio malgrado, a tutelare i diritti del mio assistito nelle sedi competenti. Avv. Luca Petrucci

Per non aver nessun tipo di problema (non vorrei mai annoverarne uno di carattere giudiziario nella mia collezione) ho proceduto alla rimozione del nome di Walter Veltroni dalla lista, pubblicando inoltre la richiesta del suo legale (in cui l’Onorevole espone il suo volere), adempiendo all’obbligo di rettifica. Mi riservo comunque il libero diritto di pubblicare IN QUESTO POST le fonti dal quale ho attinto questa informazione.
•AGNELLI GIOVANNI, Presidente Gruppo Fiat
•AGNELLI UMBERTO, Presidente Gruppo Fiat
•AMBROSETTI ALFREDO, Presidente Gruppo Ambrosetti
•BERNABE’ FRANCO, Ufficio italiano per la Ricostruzione nei Balcani
•BONINO EMMA, Membro della Commissione Europea
•CANTONI GIAMPIERO, Presidente BNL
•CARACCIOLO LUCIO, Direttore Limes
•CAVALCHINI LUIGI, Unione Europea
•CERETELLLI ADRIANA, Giornalista, Bruxelles
•CIPOLLETTA INNOCENZO, Direttore Generale Confindustria
•CITTADINI CESI GIANCARLO, Diplomatico USA
•DE BENEDETTI RODOLFO, CIR
•DE BORTOLI FERRUCCIO, RCS libri
•DE MICHELIS GIANNI, Ministro degli Affari Esteri
•DRAGHI MARIO, Direttore Min. Tesoro
•FRESCO PAOLO, Presidente Gruppo FIAT
•GALATERI GABRIELE, Mediobanca
•GIAVAZZI FRANCESCO, Dicente Economia Bocconi
•LA MALFA GIORGIO, Segretario nazionale PRI
•MARTELLI CLAUDIO, Deputato – Ministero Grazia e Giustizia
•MASERA RAINER, Direttore generale IMI
•MERLINI CESARE, Vicepresidente Council for the United States and Italy
•MONTI MARIO, Commissione Europea
•PADOA SCHIOPPA TOMMASO, BCE Banca Centrale Europea
•PASSERA CORRADO, Banca Intesa
•PRODI ROMANO, Presidente UE
•PROFUMO ALESSANDRO, Credito Italiano
•RIOTTA GIANNI, Editorialista La Stampa
•ROGNONI VIRGINIO, Ministero della Difesa
•ROMANO SERGIO, Editorialista La Stampa
•ROSSELLA CARLO, Editorialista La Stampa
•RUGGIERO RENATO, Vicepresidente Schroder Salomon Smith Barney
•SCARONI PAOLO, ENEL Spa
•SILVESTRI STEFANO, Istituto Affari Internazionali
•SINISCALCO DOMENICO, Direttore Generale Ministero Economia
•SPINELLI BARBARA, Corrispondente da Parigi – La Stampa
•STILLE UGO, Corriere della Sera
•TREMONTI GIULIO, Ministro dell’Economia
•TRONCHETTI PROVERA MARCO, Pirelli Spa
•XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX

•VISCO IGNAZIO, Banca d’Italia
•VITTORINO ANTONIO, Commissione Giustizia UE
•ZANNONI PAOLO, Manager gruppo FIAT

LEGGI ANCHE: La massoneria italiana e Silvio Berlusconi

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THE BILDEBERG STORY & BORGHEZIO DRAMA:
La loggia é nata nel 1954 con la prima riunione nell’hotel Bildeberg di Oosterbek, in Olanda. Sua maestà il principe Bernardo de Lippe, olandese, ex ufficiale delle SS, é stato il primo leader e ha guidato il gruppo per oltre 20 anni, fino al 1976. Dopo di lui si sono segretamente susseguiti diversi capi.

Matteo Mainini da Il Corsivo Quotidiano

Ho vergogna di questa ItaGlia

L'"unità d'Italia", l'Italietta ipocrita, piduista, mafiosa, criminale e divoratrice, l'ItaGlia, nacque proprio così (altroché "questione meridionale"!... la "questione", semmai, fu piemontese, sabaudocornuta, "padana"...). E anche nel suo caso: si diventa ciò che si è.





Senza verità, niente risorgimento



Maurizio Blondet 27 marzo 2010





Per celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia, sta spendendo 800 milioni di euro di soldi nostri l’apposito Comitato celebrativo: presieduto dal venerabile presidente-emerito Carlo Azeglio Ciampi da Livorno, che probabilmente aggiungera questa sua grassa ‘consulenza’ ai 702 mila e passa euro annui che ci estrae dal portafoglio. Quando si diventa ricchi con la patria, è facile celebrarla. Noi, del tutto gratuitamente – grazie ad una recente rilettura di ‘L’altro risorgimento’ della storica Angela Pellicciari, Piemme, 2000 –, sentiamo doveroso contribuire un poco a quelle auguste memorie.

INTERVENTI UMANITARI – Quando Londra e Parigi (ossia Palmerston e Napoleone III) decisero di appoggiare i Savoia nella conquista dei pricipati italiani, i giornali europei si riempirono di resoconti raccapriccianti sul malgoverno dello Stato della Chiesa e del Regno delle Due Sicilie: quei popoli «gemevano» nella miseria, nell’arretratezza, sotto una feroce repressione reazionaria di regimi stupidi e feroci. Talché occorreva «un intervento internazionale» per mettere fine a governi «contrari agli interessi della popolazione». Come in Afghanistan un secolo dopo, occorreva liberare le donne dal chador.

La stampa massonica italiana riprese con delizia le truculente notizie dettate dall’estero. Il 19 marzo 1857 il Corriere Mercantile di Genova attestò che nelle carceri borboniche si usava «la cuffia del silenzio», un aggeggio di tortura applicato al volto dei carcerati per impedire loro di parlare. Inutile dire che questo oggetto era sconosciuto a Napoli. Invece – come raccontò Christophe Moreau, un esperto francese incaricato dal suo governo di studiare il sistema carcerario britannico – era in uso nelle prigioni inglesi: «... Uno strumento composto di varie bende di ferro che serrano la testa del colpevole, ed è terminato al disotto da una lingua di ferro ricurva che entra nella bocca fino al palato».

Si scrisse che il Vaticano condannava i colpevoli alla frusta. Effettivamente, c’erano circa cinque o sei frustati l’anno. In Gran Bretagna, il gatto a nove code era un sistema corrente di punizione applicato dai tribunali in 7-800 casi l’anno, e usato normalmente senza alcun processo contro i marinai delle navi da guerra.

Secondo i resoconti, nel Sud infuriavano le pene capitali senza controllo. In realtà, dopo la fallita «rivoluzione» del 1848, i tribunali napoletani comminarono ai rivoluzionari mazziniani e filo-francesi 42 condanne a morte. Re Ferdinando II le commutò tutte, non fu eseguita alcuna esecuzione.

Nel civile regno di Sardegna, modello dei giornali europei, il 26 marzo 1856, il deputato Brofferio della sinistra insorge contro l’eccessivo numero di esecuzioni capitali comminate da quando il governo piemontese è diventato «costituzionale e liberale»: 113 esecuzioni tra il 1851 e il 1855, mentre il governo assoluto precedente (1840-44) ne aveva eseguito solo 39. Il regno savoiardo costituzionale condannava a morte otto volte di più della Francia, lamentò Brofferio.

SERVI DI LONDRA – «Le nazioni (europee) riconoscevano all’Italia il diritto di esistere come nazione in quanto le affidavano l’altissimo ufficio di liberarle dal giogo di Roma cattolica (...)»: così il Bollettino del Grande Oriente Italiano nel 1865. Per compiacere il regime anglicano ed ottenerne l’appoggio Cavour soppresse gli ordini religiosi e confiscò i beni ecclesiastici in Piemonte (il Times inneggiò all’azione). La superpotenza dell’epoca – la regina Vittoria – forma una «coalition of the willing» nel 1854 per combattere lo Zar in Crimea, onde impedire alla Russia l’accesso al Bosforo: Cavour manda 15 mila soldati piemontesi in Crimea, onde ingraziarsi Vittoria. Moriranno 5 mila, un terzo degli effettivi, in quella guerra in cui il Piemonte non aveva alcun interesse. Per pagare questa guerra lontana, Cavour contrae un prestito con la finanza britannica, che il Regno d’Italia estinguerà soltanto nel 1902.

Cavour, scrive Angela Pellicciari, era del tutto consapevole che «l’Italia non si costruisce con l’appoggio della popolazione italiana, ma con il sostegno internazionale dei governi liberali, contrari alla fede (...) della grande maggioranza della popolazione».

IMMANE DEBITO PUBBLICO – Cavour ammette alla Camera subalpina il 1 luglio 1850: «So quant’altri che, continuando nella via che abbiamo seguito da due anni, noi andremo difilati al fallimento. E che continuando ad aumentare le gravezze, dopo pochissimi anni saremo nell’impossibilità di contrarre nuovi prestiti e di soddisfare gli antichi».

Debiti nuovi per pagare debiti vecchi, è qui che comincia l’Italia che conosciamo. Nel 34 anni che vanno dalla caduta di Napoleone al 1848, nonostante i danni dell’occupazione francese, il Regno di Sardegna accumulò 134 milioni di debiti. Nei solo 12 anni del governo Cavour, dal 1848 al 1860, il debito pubblico aumenta oltre un miliardo (Stato della Chiesa e Regno di Napoli hanno lievi avanzi di bilancio)(1). Ovviamente, i contribuenti piemontesi furono schiacciati dalla tassazione più esosa d’Italia. Il Piemonte aveva accumulato un miliardo di lire di debito, pari a 200 miliardi di euro odierni. La bancarotta di Stato è imminente, al punto che solo la guerra all’Austria (e la conquista dei principati italiani) può dare una speranza di uscirne. Lo ammette Pier Carlo Boggio, deputato cavourriano nel 1859:

«Ogni anno il bilancio del Piemonte si chiude con un aumento del passivo... L’esercito da solo assorbe un terzo di tutta l’entrata... Il Piemonte accrebbe di 500 milioni il suo debito pubblico... il Piemonte falsò le basi normali del suo bilancio passivo. Ecco adunque il bivio: o la guerra o la bancarotta. La politica del Piemonte in questi anni sarà detta savia, generosa e forte, oppure improvvida, avventata o temeraria, secondoché avremo guerra o pace».

Vinsero, e solo nelle banche dei Borboni trovarono (e prelevarono) l’equivalente di 1.500 miliardi di euro.

MILIARDARI DI STATO – Il conte Camillo Benso di Cavour impose il liberismo assoluto su modello inglese. Di suo, era il maggiore azionista della «Società Anonima Molini Anglo-Americani» (sic) di Collegno, il più grande ente privato granario della penisola. Nel 1853, col raccolto scarso e la fame che infuria fra gli strati popolari, mentre i principati «reazionari» vietano l’esportazione dei grani per nutrire le loro popolazioni, il Piemonte la consente, così che i produttori locali realizzano forti profitti dalle espostazioni del prodotto rincarato. Per questo avvengono disordini davanti all’abitazione di Cavour, stroncati dalla polizia e dalla truppa a fucilate.


Angelo Brofferio
Il già citato Angelo Brofferio, deputato della sinistra, acccusa: «Sotto il governo del conte di Cavour ingrassano illecitamente i monopolisti, i magazzinieri, i borsaiuoli, gli speculatori, mentre geme e soffre l’universalità dei cittadini sottto il peso delle tasse e delle imposte». Il deputato fa notare il conflitto d’interesse: «Il conte di Cavour è magazziniere di grano e di farina...».

Cavour possedeva anche una tenuta a Leri: 900 ettari appartenuti all’abbazia di Lucedio, acquistati da suo padre Michele per due lire durante la prima confisca dei beni ecclesiastici, ossia sotto l’occupazione napoleonica (2).

LA CASTA – «Liberata» la Toscana con «spontanea insurrezione», i massoni locali in attesa delle truppe savoiarde instaurano un governo provvisorio, una dittatura «popolare». La presiede il barone Bettino Ricasoli fiorentino. Cavour stesso dirà di lui al re Vittorio Emanuele: Ricasoli «governava la Toscana come un pascià turco, non badando né a leggi né a legalità.» Brofferio precisa: «I conti del governo toscano (appena abbattuto) prevedevano per il 1859 un avanzo di 85 mila. Nelle casse c’erano 6 milioni in contanti. Il nuovo governo chiudeva il 1859 con un disavanzo di 14 milioni e 168 mila». In meno di un anno, dilapidato oltre il doppio di quel che il dittatore trovò in cassa. Come?

Ancora Brofferio: «Il pubblico erario era dilapidato per saziare l’ingordigia dei nuovi favoriti; lussi di sbirri e di spie all’infinito; espulsioni, arresti, perquisizioni; la guardia nazionale ordinata a servizio di polizia e non a difesa nazionale. Nessuna libertà di persona, di domicilio, di stampa; ogni associazione vietata; uomini senza fede e senza carattere onorati...».

Erano già i raccomandati.


Carlo Farini
SERVIZI DEVIATI – Una infinità di piazze e strade d’Italia sono dedicate a Ricasoli, Cavour, Carlo Farini, Mazzini, Daniele Manin («dittatore» provvisorio di Venezia, alla Ricasoli), a Niccolò Tommaseo, e ad altri terroristi. In questa lista di venerati padri del Risorgimento manca vistosamente un attivissimo eroe: Filippo Curletti, funzionario di polizia politica (la futura Digos), protetto di Cavour e suo strumento. Su suo incarico, Curletti organizzò infaticabilmente spontanee sollevazioni popolari nei principati italiani, onde Vittorio Emanuele potesse dire di «non essere insensibile al grido di dolore» che si levava dagli italiani oppressi dall’oscurantismo, e giustificasse l’intervento dell’armata piemontese. Curletti organizzò sollevazioni ad Ancona, Perugia, Fano, Senigallia, arruolando per la bisogna delinquenti comuni ed evasi.

Come ci riusciva? Lo si scoprì dopo la morte di Cavour, quando Curletti perse il suo protettore e fu processato. Origine del processo fu un pentito – il primo pentito della storia italiana –, Vincenzo Cibolla, capo della «banda della Cocca», una gang di delinquenti che terrorizzò Torino negli anni ‘50. Catturato, Cibolla rivela che il primo informatore della banda, nonché socio nella spartizione del bottino di furti e rapine, era il funzionario di polizia Curletti. La banda della Cocca era il prototipo della Banda della Magliana o delle cosche mafiose che, spesso, hanno dato una mano con attentati e omicidi ai servizi deviati (cosiddetti) nella strategia della tensione.

Condannato a vent’anni in contumacia (era riparato in Svizzera) Curletti pubblica un suo memoriale esplosivo. Raccontando come il Farini, allora dittatore provvisorio di Parma, gli chiese di organizzare l’eccidio del colonnello Anviti (l’ex capo della Polizia di Maria Luigia), come linciaggio «popolare».

«Noi non possiamo toccarlo senza che sorgano clamori – disse Farini a Curletti – Sarebbe mestieri che la popolazione si addossasse l’affare. Voi mi avete compreso». Curletti chiosa: «Io partii, e si sa quel che avvenne».

Il colonnello Anviti, riconosciuto dal «popolo», fu trascinato, fra botte e coltellate e canti patriotticci, «al Caffè degli Svizzeri» di Parma, dove «fu collocato sopra un tavolo e gli fu tagliata la testa mentre non era ancor tutto spento». «Alla testa insanguinata si è voluto far trangugiare una tazza di caffè, le si è posto un sigaro in bocca e in questo modo fu portato sulla colonna che sorge su uno dei quadrati della nostra piazza grande», scrisse il giornale «La Civiltà Cattolica». Il cadavere scempiato fu trascinato nelle strade per quattro ore (3).

Chi erano i patrioti che compirono quest’atto di giustizia popolare? «Un migliaio di precauzionali invecchiati nel vizio e organizzati al delitto», che il dittatore Farini (padre della patria) «fu sollecito a scarcerare dal forte di Castelfranco».

MAZZETTE E TANGENTI – Curletti è uno dei pagatori che – sotto il comando dell’ammiraglio Persano – corrompono con denaro gli alti ufficiali dell’esercito borbonico, onde preparare il successo dei «Mille». Carlo Persano è un pessimo comandante navale (si farà sconfiggere a Lissa, nel 1860, dalla inferiore flotta austriaca), ma un ottimo sovversivo. Nell’agosto 1860 scrive a Cavour «Ho dovuto, eccellenza, soministrare altro denaro. Ventimila ducati al Devincenzi, duemila al console Fasciotti, quattromila al comitato...». In compenso, dice, «possiamo ormai far conto sulla maggior parte dell’officialità della Regia Marina napoletana».

Difatti. Ottocento «straccioni» (dice Ippolito Nievo, che era uno di loro) occupano Palermo senza colpo ferire. E penetrano nel regno di Napoli come coltelli nel burro. Massimo D’Azeglio scrive a un nipote il 29 settembre 1860: «Quando si vede un’armata di 100 mila uomini vinta colla perdita di 8 morti e 18 storpiati, chi vuol capire, capisca».

Garibaldi stesso dice chi sono i suoi patriottici guerrieri in camicia rossa: «tutti generalmente di origine pessima e per lo più ladra... con radici nel letamaio della violenza e del delitto».

Infatti, il governo garibaldino che soppianta il re di Napoli è così descritto da Boggio: «Lo sperpero del denaro pubblico è incredibile... somme favolose scompaiono colla rapidità con cui furono agguantate dalle casse borboniche... Si sciupano milioni, mentre ai soldati vostri (scrive Boggi a Garibaldi) si nega persino il pane. I soldati, lasciati privi del necessario, sono costretti a procurarselo come possono, d’onde i soprusi, gli sperperi, le violenze che irritano le popolazioni».

SONO COSTRETTI – Anche il capo della Digos Curletti, spedito a Napoli liberata, attesta: «Trovai Napoli nel più incredibile disordine. L’esercito rigurgitava di donne: milady White e l’ammiraglia Emilia ne erano le eroine. Le notti scorrevano nell’orgia. Garibaldi non era più riconoscibile; quando non soddisfava la sua smania di popolarità facendosi acclamare nelle strade, passava il tempo fra milady e Alessandro Dumas...».

Già allora, veline e puttane, nani e ballerine. Nel governo garibaldino, il ministro Franceso Crispo minaccia il ministro Cordova puntandogli una pistala al petto. E così via.

Garibaldi si monta la testa, e sogna di formare una repubblica mazziniana, tradendo il Piemonte monarchico. Il già citato Boggio lo invita a meditare: da chi ebbe «i cannoni e le munizioni da guerra? E le somme ingenti di denaro? perché, Generale, entraste in Napoli senza colpo ferire?».
E gli ricorda che non è lui ad aver fatto in modo che «i capi delle truppe» disperdessero «le loro truppe».

E Pietro Borreli, massone, scriverà sulla Deutsche Rundschau nell’ottobre 1882: Garibaldi?:

«Una nullità intellettuale. Gli iniziati sanno che tutta la rivoluzione in Sicilia fu fatta da Cavour, i cui emissari militari, vestiti da merciaiuoli girovaghi, percorrevano l’isola e compravano a prezzo d’oro le persone più influenti».

Lo stesso apparato che propagandò Garibaldi come il purissimo eroe dei due mondi, lo derideva come nullità e incapace, e diffondeva la voce che, se il biondo eroe s’era lasciato crescere la bionda chioma a coprirsi le orecchie, era perché gliele avevano tagliate in Sudamerica per un furto di cavalli.

CAPITALISTI SENZA CAPITALE – L’Eroe capì l’antifona, e pronununciò il suo «obbedisco». Se ne andò a Caprera, lasciando il Sud a Vittorio Emanuele. Ma non senza prima aver ceduto l’appalto delle Ferrovie Meridionali a Pier Augusto Adami e ad Adriano Lemmi, entrambi finanzieri ebrei di Livorno, nonché cognati, che avevano pagato parte dei conti del Biondo Nizzardo. Una concessione in cui lo Stato avrebbe dovuto accollarsi tutte le perdite di gestione.

Il deputato Poerio disse in parlamento: tale contratto «vincola per lunghi anni l’avvenire di quelle provincie (meridionali), le sottopone all’onere immenso di 650 milioni di lire, ed assicura inoltre alla casa concessionaria l’utile netto del 17% senza sborsare un obolo del proprio».

Come poi faranno gli Agnelli, i Pirelli, i Bastogi, capitalisti mantenuti col capitale di Mediobanca. Adriano Lemmi diverrà poi Gran Maestro della Massoneria, nonchè padrone del monopolio dei tabacchi.

BROGLI ELETTORALI – Nonostante le rivolte che scoppiano dovunque, le fucilazioni e le repressioni ferocissime (4), i «popoli del Sud» (e della Chiesa) votano in massa per l’annessione ai Savoia nei plebisciti che vengono indetti nei territori appena conquistati, nel 1860. A votare sono quasi 3 milioni di persone, e il 98% si pronuncia per Vittorio Emanuele. E’ un risultato di quelli che oggi si chiamano bulgari, anziché savoiardi. Un pochino strano se si pensa che l’anno dopo, nelle prime elezioni politiche dell’Italia unita del 1861, dove il diritto di voto è basato sul censo e possono votare solo il 2 % dei sudditi (ossia 419.938 maschi), va effettivamente alle urne solo il 57% degli aventi diritto, ossia 242 mila individui.

Il miracolo lo spiega ancora nel suo memoriale il capo della paleo-Digos Curletti, vero misconosciuto eroe del Risorgimento: «Ci eravamo fatti rimettere i registri delle parrocchie per formare le liste degli elettori. Preparammo tutte le schede (...) Un picciol numero di elettori si presentarono a prendervi parte; ma, al momento della chiusura delle urne, vi gittavamo le schede, naturalmente in senso piemontese, di quelli che si erano astenuti (...) Chiamavamo ciò completare la votazione (..). Per quel che riguarda Modena, posso parlarne con cognizione di causa, poiché tutto si fece sotto i miei occhi e sotto la mia direzione. Le cose non avvennero diversamente a Parma e a Firenze».

Non essendoci scrutatori dell’opposizione (quale? Ogni opposizione era fuorilegge), essendo i chiamati a votare per lo più analfabeti e ignari del metodo elettorale e quindi astensionisti in massa, la cosa potè passare con facilità. I giornali inglesi inneggiarono al trionfo della democrazia, come oggi per le votazioni in Afghanistan ed Iraq.

ELEZIONI INVALIDATE – Del resto, già nel Piemonte del 1857 Cavour aveva mostrato come rispettasse le urne. Votarono allora, col sistema censitario, solo 69.470 cittadini; il 67% degli aventi diritto, che erano il 2,4% della popolazione. Nonostante ciò, a causa delle esazioni fiscali, della miseria e insicurezza (criminalità altissima) e dei debiti pubblici enormi, in quel voto addomesticato di soli benestanti, l’opposizione (cattolica) passò dal 20,4% al 40,2%. Il governo Cavour rischia di trovarsi di fronte una vera opposizione, e persino di cadere.

La soluzione è presto trovata: il capo del governo Camillo Benso invalida l’elezione di 22 deputati dell’opposizione. La votazione, afferma il 23 dicembre 1857, è il segno che «il partito clericale sta agendo nell’ombra... per far tornare indietro la società, per impedire il regolare sviluppo della civiltà moderna». Colpa dei preti, che nei confessionali hanno indotto a votare contro la Patria. Cavour: «Si denuncia l’uso dei mezzi spirituali nella lotta elettorale». Questa è la motivazione per cui le elezioni sono invalidate: abuso di mezzi spirituali.



Il ladro di cavalli Garibaldi

IN ATTESA DI GIUDIZIO – Nell’inverno 1862-63 Lord Henry Lennox, un ammiratore del Risorgimento, visitò le prigioni di Napoli sotto il governo piemontese, strapiene di ribelli al regime. Ne riferì alla Camera dei Comuni. Sulla prigione di Santa Maria:

«... pensavo che i prigionieri fossero stati processati, prima di essere condannati; mi spiace dirlo, non era così. Un ungherese di nome Blumenthal, in fluente francese, mi disse che si trovava da 18 mesi in cella senza essere stato né processato né interrogato (...). Quando lasciai la sua cella, altri prigionieri si affollarono attorno a me e al mio accompagnatore chiedendoci in italiano: ‘perché siamo in prigione? Perché non ci processano? (...). Il direttore mi rispose che non sapeva cosa dire: aveva sotto la sua sorveglianza 83 persone mai processate, delle quali circa la metà non erano nemmeno state sottoposte a interrogatorio. Erano detenuti senza sapere di quale delitto fossero accusati (...). Molti di loro erano uomini dall’aspetto misero, balbettanti, i capelli bianchi, appoggiati a grucce, poveri disgraziati desiderosi solo di finire i propri giorni in un ospizio».

Visita alla prigione La Concordia:

«... C’erano un vescovo cattolico romano e due preti, tirati giù dal letto un mese prima, e destinati a trascorrere i propri giorni in compagnia di criminali incalliti (...). C’era un uomo in prigione da due anni, un vecchio vicino ai settant’anni, curvo per l’età e costretto ai pasti carcerari: uno al giorno e solo acqua da bere».

Una prigione a Salerno:

«... Il direttore fu estremamente cortese e, saputo il motivo della mia visita, si augurò che potesse recare qualche positiva conseguenza. Soggiunse che era costretto in quel momento a tenere 1.359 prigionieri in un carcere che poteva ospitarne 650: tale affollamento aveva provocato un’epidemia di tifo che aveva ucciso anche un medico e una guardia».

Visita alla prigione della Vicaria:

«… Dei 1000 prigionieri, 800 erano confinati in cinque stanze non divise da porte, ma da sbarre di ferro, cosicché gli effluvii emanati da quegli 800 uomini circolavano liberamente da un capo all’altro (...). Ma torniamo al cortile della prigione. Per fortuna non capita spesso di vedere quello che ho visto, uno spettacolo che non dimenticherò mai... Non appena mi videro, i detenuti si precipitarono verso di me con grida pietose e reiterate, con gli occhi iniettati di sangue e le braccia protese, implorando non la libertà, ma il processo; non la clemenza, ma una sentenza (...). Ho conversato con detenuti in attesa di giudizio che mi dicevano: ‘Se almeno potessimo avere qualche indizio della sentenza che ci attende, la nostra disperazione non sarebbe così nera. Alla fine di ogni cammino, per quanto duro, è possibile scorgere una scintilla di speranza; ora invece c’è solo disperazione».

HOLODMOR MERIDIONALE – Il francese Charles Garnier raccolse un buon numero di proclami emessi dai comandanti piemontesi durante la guerra al brigantaggio, ed affissi nei paesi. Generale Galatieri, dal suo quartier generale di Teramo, giugno 1861: «Vengo a difendere l’umanità e il diritto di proprietà, e sterminare il brigantaggio. Chiunque ospiti un brigante sarà fucilato senza distinzione di sesso, età, condizione; le spie faranno la stessa fine. Chiunque, essendo interrogato, non collabori con la forza pubblica per scoprire le posizioni e i movimenti dei briganti, vedrà la sua casa saccheggiata e bruciata».
Proclama del maggiore Fumel, febbaio 1862:

«... Coloro che diano asilo o qualsiasi altro mezzo di sussitenza ai briganti, o li vedano o sappiano dove han trovato rifugio e non informino le autorità civili e militari, saranno immediatamente fucilati. Tutti gli animali dovranno essere condotti nei depositi centrali con scorta adeguata.

Tutte le capanne (usate dai pastori, ndr) dovranno essere bruciate. Le torri e le case di campagna disabitate dovranno essere scoperchiate, e le entrate murate nel termine di tre giorni; dopo lo spirare di tale termine, esse saranno bruciate senza fallo e gli animali privi di custodia appropriata saranno uccisi.

E’ proibito portare pane o altro genere di provviste fuori dell’abitato del comune; i trasgressori saranno considerati complici dei briganti. La caccia viene temporaneamente proibita.

Il sottoscritto non intende riconoscere, date le circostanze, più di due schieramenti: pro o contro i briganti! Pertanto classificherà tra i primi gli indifferenti e contro di loro adotterà misure energiche, perché in tempo di emergenza la neutralità è un crimine.

I soldati sbandati che non si presentassero entro quattro giorni, saranno considerati briganti».

Il colonnello Fantoni, nel proclama emesso da Lucera il 9 febbraio 1862, nel primo articolo, vietava l’accesso, anche a piedi, a tredici foreste, fra cui quella del Gargano.

«Ogni proprietario terriero, fattore o mezzadro sarà obbligato, subito dopo la pubblicazione di questo avviso, a ritirare da dette foreste tutti i lavoratori, pastori, pecorai, eccetera, e con loro le greggi; dette persone saranno obbligate a distruggere tutte le stalle e le capanne erette in questi luoghi.

D’ora in avanti nessuno può portar fuori dai distretti circonvicini alcuna provvista per i contadini, e a questi ultimi non sarà permesso portare più cibo di quanto sia necessario per un singolo giorno ad ogni persona della loro famiglia.

Coloro che non obbediranno a questo ordine, che entrerà in vigore due giorni dopo la pubblicazione, saranno, senza eccezione alcuna di tempo, di luogo e persona, fucilati».

Prefetto De Ferrari, di Foggia e Capitanata, 1863: «... Tutti gli animali del territorio saranno immediatamente radunati in poche località a fine di essere meglio custoditi. Tutte le piccole fattorie saranno abbandonate, cibo e foraggio rimossi e gli edifici murati. Nessuno potrà andare nei campi senza autorizzazione scritta del sindaco e scorta sufficiente».

L’8 luglio, il prefetto Ferrari aggiunge un altro divieto: «I cavalli possono essere ferrati solo in pubblico e in officine autorizzate; nessun maniscalco o produttore di ferri e chiodi poteva allontanarsi dal proprio distretto senza un documento, che indicasse la via che avrebbe percorso, l’ora della partenza e l’ora del ritorno. Chiunque possedesse ferri e chiodi per la ferratura doveva farne denuncia alle autorità».

Non erano vane minacce. Il 29 aprile 1862 il deputato Giuseppe Ferrari disse alla Camera: «Non potete negare che intere famiglie vengono arrestate senza il minimo pretesto; che vi sono, in quelle provincie, degli uomini, assolti dai giudici, che restano in carcere. Si è introdotta una nuova legge in base alla quale ogni uomo preso con le armi in pugno viene fucilato... Se la vostra coscienza non vi dice che state sguazzando nel sangue, non so più come esprimermi».

Fu la rovina della sussistenza economica, la messa alla fame; decine i paesi incendiati, innumerevoli le atrocità, di cui per lo più è stata soppressa la memoria, che ricordano da vicino lo sterminio dei contadini in Ucraina, operato da Stalin e Kaganovich.

Di una atrocità si sa, perché ne discusse la Camera dei Comuni britannica: a Pontelandolfo in Molise, trenta donne che si erano rifugiate intorno alla croce eretta nella piazza del mercato, sperando di trovarvi scampo dagli oltraggi, furono tutte uccise a colpi di baionetta. Persino Napoleone II, che aveva dato il suo potente appoggio armato a Cavour per la conquista dell’Italia, il 21 luglio 1863 scriveva al suo generale Fleury:

«Ho scritto a Torino le mie rimostranze; i dettagli di cui veniamo a conoscenza sono tali da alienare tutti gli onesti dalla causa italiana. Non solo la miseria e l’anarchia sono al culmine, ma gli atti più indegni sono considerati normali espedienti: un generale di cui non ricordo il nome, avendo proibito ai contadini di portare scorte di cibo quando si recano al lavoro dei campi, ha decretato che siano fucilati tutti coloro che vengono trovati in possesso di un pezzo di pane. I Borboni non hanno mai fatto cose simili – Napoleone».

Dato che l’Italia è nata così, non ci si può stupire che oggi sia così. In fondo, può essere consolante: non siamo peggiorati, eravamo peggiori fin dall’inizio.
Da centocinquant’anni questo merdaio originale, anziché essere discusso e servire a un severo esame di coscienza nazionale (4), viene nascosto, e verniciato in similoro con la ripugnante tronfia retorica risorgimentale emanata direttamente dalle logge; chi obietta e riporta i dati del merdaio viene seppellito dalle accuse di «integralismo cattolico», «revisionismo» vietato, reazione; e censurato dai media – come il volume della storica Angela Pellicciari da cui abbiamo tratto queste informazioni.

La retorica risorgimentale ci sommergerà con le sue mucillagini dolciastre e infette anche nelle imminenti Celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, per cui sta spendendo 800 milioni di euro il Comitato celebrativo: presieduto da un livornese come lo erano i banchieri Adami e Lemmi.

Giornalisti a ciò addetti, e ben istruiti, già si sono portati avanti. Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo già vagano nei luoghi santi della retorica massonica, Calatafimi, Teano, eccetera, per sgridare «noi italiani senza memoria». Noi abitanti di un Paese «che sembra aver buttato via l’unica epopea che aveva. Quella del ‘Risorgimento’. Il grande romanzo culturale, militare e sociale».

Si domanda Stella: «E’ questa l’‘Italia redenta, pura di ogni macchia di servitù e di ogni sozzura d’egoismo e corruzione’ che immaginava Mazzini?».

Stella e Rizzo ci scriveranno un libro di successo assicurato: noi italiani senza memoria, appunto.

Senza memoria? L’avete voluto voi: rivendichiamo la memoria censurata. Lo facciamo proprio in quanto italiani: quella menzogna sanguinosa che cova nel cuore italiano è precisamente la frattura interna che rende l’Italia corrotta, moralmente malata, incapace di reggersi nel mondo con dignità, senza spezzarsi ai primi scontri con la storia.

Il tradimento originale è sempre pronto a riemergere in nuovi tradimenti, intelligenze col nemico, diserzioni sul campo e particolarismi delinquenziali – proprio perché la ferita non è sanata, ma coperta con cataplasmi di menzogna e retorica, che la fanno marcire all’infinito.

Il 150enario da cui Ciampi guadagna e fa guadagnare i suoi compari, facciamolo diventare una rivendicazione di verità: verità sul Risorgimento! perché senza verità non ci sarà alcun risorgimento possibile. La verità sola, e intera, può essere l’inizio della riconciliazione.

Quindi, lancio un appello ai lettori. Andate sul sito ufficiale del Comitato Celebrativo di fratel Ciampi (http://www.italia150.it/); non perdete tempo a leggere le ridicole menzogne che già lo affollano («150 anni e non li dimostra», per esempio); andate in alto a destra, dove c’è la voce «contatti». E alluvionate quei «contatti» di mail, lettere e fax con un solo messaggio:

Verità sul Risorgimento!

Ricordate le Marzabotto del Sud, a cominciare dalle donne di Pontelandolfo! Non più silenzio sui lager piemontesi per i soldati delle Due Sicilie! Fatevi tornare la memoria!

Si potrebbe anche ricorrere al sarcasmo. Per esempio, fare una petizione per un monumento a Curletti, il capo della polizia politica di Cavour e insieme della banda della Cocca, grande suscitatore di spontanee manifestazioni popolari e prezioso completatore di votazioni.

Proponete l’iscrizione: «Filippo Curletti, patriota e poliziotto, pregiudicato contumace».

Oppure, fate una petizione popolare per intitolare una piazza ad Adami e Lemmi, «profittatori e cognati».

Ma forse è meglio di no, non hanno il senso dell’umorismo. Ciampi potrebbe anche farlo.


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1) Nel Regno delle Due Sicilie la tassazione era la più lieve d’Europa (-30% di quella inglese, meno 20% di quella francese). La tassa ammontava, nel 1859, a 14 franchi a testa. Nel 1866, sotto il regime italiano, erano salite a 28 franchi a testa. Fu più che raddoppiata la tassa sul macinato (che colpiva i poveri) «ed estesa a tutte le granaglie, persino alle castagne»; fu estesa al resto dell’Italia la minuziosa tassazione savoiarda, come la tassa sulle finestre, «la gabella sulla macellazione del maiale» e «il dazio sul minimo consumo» (che colpiva chi comprava un litro di vino per volta, ma non chi ne comprava 25 litri). Non solo il Regno di Napoli fu il primo a mettere in esercizio la prima ferrovia in Italia, ma anche il primo telegrafo, il primo ponte sospeso, i primi fari diottrici moderni furono costruiti e installati nel regno dei Borboni, da una classe tecnica evidentemente competente e moderna. Il primo battello a vapore varato da un arsenale italiano fu costruito a Napoli. Il giornalista francese Charles Garnier fornì prove certe del fatto che, nei primi sei anni dell’unità italiana, alcune delle più prospere manifatture napoletane furono deliberatamente distrutte per favorire quelle del Nord (Patrick K. O’Clery, «La Rivoluzione Italiana», Ares, 2000, pagina 374).
2) La confisca dei beni ecclesiastici provocò la sparizione di quel poco di previdenza e assistenza sociale vigente, che era tutta e solo caritativa e cattolica; ne risultò un tragico peggioramento della miseria delle classi povere, con un conseguente aumento esponenziale della criminalità.
3) A Venezia e a Roma avvennero episodi simili nel 1848. A Roma Pellegrino Rossi, ministro del Pontefice, fu circondato dalla folla e accoltellato alla gola sotto gli occhi della Guardia Civica rivoluzionaria, poi lasciato agonizzare nel palazzo stesso dov’era il parlamento rivoluzionario. A Venezia, istigata da Daniele Manin e Nicolò Tommaseo, una folla feroce s’impossessò del comandante dell’Arsenale, colonnello Marinovich, «impopolare presso gli operai per la rigida disciplina a cui li sottoponeva». Gli operai afferrarono lo sventurato, lo trascinarono giù per le scale, lo percossero spietatamente, lo trafissero ripetutamente con la sua stessa spada e con coltelli. Il poveretto implorò un prete, ma gli venne negato; fu linciato e fatto a pezzi da centinaia di individui. Il governo repubblicano definì l’evento un giudizio di Dio. E’ evidente che questi orrende macellerie furono atti deliberati, con lo scopo di spargere il terrore tra i legittimisti e dissuaderli da ogni resistenza. Resta la constatazione che gli italiani brava gente, periodicamente, si producono in vili scempi di cadaveri. Da noi sono ricorrenti i Piazzali Loreto, atti tipici di vili impotenti. Nel 1814 gli animosi milanesi avevano già massacrato nello stesso modo Giuseppe Prina, ministro delle Finanze del Regno d’Italia napoleonico: con le punte degli ombrelli, per quattro ore, fino a renderne il corpo irriconoscibile. La folla era guidata dal patriota Federico Confalonieri. Si veda Patrick K. O’Clery, citato, Ares, 2000, pagina 142.
4) Il solo Nino Bixio eseguì oltre 700 condanne a morte senza processo. Da un giornale dell’epoca, L’Unione: «Bixio ammazza a rompicollo, all’impazzata... fa moschettare tutti i (soldati e ufficiali) prigionieri stranieri che gli capitano tra le unghie, e tira colpi di pistola a quei suoi ufficiali che osano far motto di disapprovazione». Esecuzioni per stroncare una possibile classe dirigente legittimista: purghe staliniane ante litteram.

Per esempio ci si dovrebbe chiedere se le burocrazie pubbliche inadempienti e disoneste che gravano sulla società non abbiamo ereditato lo spirito di corpo della burocrazia piemontese: immediatamente estesa all’Italia appena conquistata, essa non si visse ovviamente come a servizio della popolazione, ma con la missione di taglieggiarla e controllarla come corpo ostile, ponendo quanti più ostacoli alla sua iniziativa libera, ritenuta pericolosa. Ancor oggi l’apparato burocratico (la Casta) si comporta rispetto alla società come un nemico occupante. La stessa riflessione va fatta per le istituzioni in generale. I Savoia non crearono un sistema giuridico italiano; si limitarono ad estendere al resto dell’Italia - appunto come occupanti - il «diritto» piemontese, tanto che a Napoli si faticò a tradurre le nuove leggi, scritte in italiano approssimativo, infarcito di francesismi e termini dialettali subalpini.

sabato 3 dicembre 2011

Tanzi Callisto: Vaticano, banchieri, e tracollo Parmalat



la vicenda Parmalat è maturata nella rossa Emilia, ma non in quella parte di Emilia rappresentata da Peppone, bensì in quella che ad essa si contrappone in nome dei valori tradizionali della famiglia e della chiesa, nell’Emilia dei Giuffrè, dei bancarottieri cattolici, dei finanziatori delle opere diocesane, che da tale collateralismo ecclesiale ottengono fama di buoni cristiani e di integerrimi cittadini e vedono moltiplicata per cento, già qui in terra, la propria credibilità imprenditoriale e la disponibilità di capitali a spese di ingenui risparmiatori.

La raccomandazione, per entrare in Parmalat, del Cardinal Biffi era indispensabile per i dipendenti in carriera.

La chiesa locale, come lo stesso Vaticano, il parroco di Collecchio come il vescovo di Parma e il cardinale di Bologna (sempre Biffi) finché hanno potuto hanno taciuto, limitandosi a esprimere la propria (L'ipocrito atteggiamento di chi era a conoscenza dei misfatti imposti dai banchieri ) incredulità e a ricordare i meriti di Tanzi come finanziare dei restauri della parrocchie del parmense come del Duomo e del battistero di parma. Poi hanno chiesto perdono, non è chiaro se per le proprie più o meno indirette responsabilità o a nome del «fratello che aveva sbagliato». L'ambiguità in questi ambienti religiosi è la regola. Infine hanno invocato una forte ripresa del senso della moralità pubblica, dell’etica della responsabilità e della trasparenza in campo economico, grandi parole. Si sono guardati bene di scucire una sola lira di quelle ricevute, si sa le parole non costano nulla!


Il caso Tanzi non è solo opera di tradimento e di inganno, ma frutto degenere di una formazione religiosa malata, non individuale, ma collettiva, che ha colpito,l'intera Italia, i lavoratori e messo in crisi l'indotto e lo stesso settore lattiero-caseario.

In ogni caso i miliardi pagati dalla Parmalat per il restauro del Battistero e della Cattedrale di Parma, come tutti gli altri denari usciti dai bilanci della Parmalat per il restauro delle parrocchie sparse nella Provincia di Parma e nell'Emilia dovevano essere ritornati alla nuova Parmalat, ma sappiamo come ragionano questi preti. La bancarotta del San Raffaele ci conferma il comportamento truffaldino e da mariuoli di questi religiosi che applicano il vangelo,
sempre però sensibili al denaro e all'acquisire potere.
La loro vera politica non tiene conto ne di Dio ne di Cesare, ma cercano in tutte le maniere di incamerare i denari per loro e per la loro genia! Questa è una delle tante ingiustizie italiane!
Lebera nos a malo in secula seculorom amen!

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