lunedì 30 agosto 2010

Le abitudini sono difficili da perdere


Forza baciate le mani, l'abitudine dalla Sicilia si diffonde non solo al nord Europa ma anche per tutto il nord africa.Al grido siamo tutti amici noi con il nostro presidente Baciamo le mani al dittatore che nel luglio del 1970 ci costrinse a rimpatriare i morti italiani caduti in Libia.Calderoli e la lega dove sono?


In realtà è una sua abitudine, forse è stato iniziato in massoneria?

giovedì 26 agosto 2010

Un'opera d'arte mai trasmessa dalla RAI: perché?




L’appello di Lizzani: la Rai mandi in onda «Roma imago urbis»
Maurizio Pluda
17 dicembre 2009, corriere della sera

Il caso Lodato in mezzo mondo, da noi è sparito

Il giallo del kolossal (15 film) mai trasmesso

MILANO — «È incredibile: è possibile vederla nella Sezione d’arte romana del Metropolitan Museum of Art di New York e invece la Rai continua a tenerla chiusa in un cassetto. E da 15 anni!».

Carlo Lizzani, l’87enne maestro del cinema italiano, s’è tenuto dentro il rospo per tutto questo tempo, ma ora non ce la fa più: «Lancio un appello ai dirigenti della nostra tv pubblica, esprimendo sorpresa, stupore e delusione: signori, mandate finalmente in onda Roma imago urbis ».

«Si tratta — spiega il regista — di un’autentica enciclopedia sulla civiltà di Roma antica, un kolossal colto composto da quindici documentari girati in 24 Paesi e tre continenti. Io ho fatto da consulente cinematografico, perché non avevo il tempo di seguire sul campo le riprese: la regia è di Luigi Bazzoni. Dietro di noi c’era un comitato scientifico composto da dodici accademici dei Lincei diretto dal compianto Giulio Carlo Argan. E la Rai ha partecipato all’impresa, comprando i diritti d’antenna nel ’94 per l’equivalente di tre milioni di euro di oggi: ebbene, sono passati ormai quindici anni e Roma imago urbis non è stata mai trasmessa

». Che si tratti di un prodotto doc, di quelli che «fanno l’essenza stessa del servizio pubblico televisivo» (come dice ancora Lizzani) è certificato da due altri nomi che compaiono nel «cast». Uno è quello dell’architetto Paolo Portoghesi, che ha fatto da consulente al progetto. L’altro è quello di Vittorio Storaro: il tre volte premio Oscar è stato infatti il direttore della fotografia di questo «kolossal colto». «E pensate — racconta Giacomo Pezzali, che con la sua Trans world film lo ha prodotto — che Storaro per lavorare con noi rinunciò a due faraoniche offerte dagli Usa. È davvero incredibile come la Rai tratta un simile gruppo di eccellenze italiane: ma non dovrebbe essere proprio la tv pubblica una vetrina del meglio del nostro Paese?».

Per sgomberare il terreno da possibili equivoci, Pezzali tiene a sottolineare come l’appello di Lizzani (che lui fa ovviamente proprio) non sia questione di vil denaro. «Voglio lanciare un messaggio: sono pronto a cedere alla Rai i diritti per l’estero dell’opera, così altro che recuperare i tre milioni di euro che hanno investito, li farebbero pure fruttare. Tanto per capirci, ben nove capi di Stato europei ci diedero il loro placet. E in Libia trattammo con Gheddafi, mentre in Iraq il nostro interlocutore fu l’allora ministro degli Esteri, Tareq Aziz».

Per rafforzare il concetto, Pezzali ricorda anche un aneddoto: «Un giorno è venuto da me l’ambasciatore cinese in Italia, perché aveva appena visto l’opera. Mi disse: 'Le consiglio di girarne uno in più, dedicato alla Cina'. Di fronte al mio stupore, mi ricordò che durante una delle tante guerre fra i romani e i persiani, una legione riuscì a sfilarsi da un assedio e a rifugiarsi in Cina». Ma Pezzali non ha alcuna voglia di riaprire il capitolo produttivo di Roma

imago urbis.

Anche perché è già sufficientemente corposo. Un budget totale di 22 milioni di euro per realizzare i quindici documentari di un’ora l’uno. Da «Mythus» (sulle origini mitologiche della città) a «Viae» passando per tutto il pantheon culturale, civile, ingegneristico e, ovviamente, bellico: quindici capitoli che raccontano di come una repubblica si fece impero.

mercoledì 18 agosto 2010

Le parole di Cossiga mai smentite



Il neo defunto Francesco Cossiga


Mario Draghi attuale governatore della Banca d'Italia

Roma, 24 gennaio 2008 - "Sembra che Mario Draghi, già socio della Goldman & Sachs, nota grande banca d'affari americana, oggi Governatore della Banca d'Italia sia il vero candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di un "Governo istituzionale".

'Mario Draghi? Impossibile immaginarlo a Palazzo Chigi. E' un vile affarista che vendera' l'economia italiana''. Lo ha detto l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga durante la trasmissione Unomattina. E così avrà modo di svendere, come ha già fatto quando era Direttore Generale del Tesoro, quel che resta dell'industria pubblica a qualche cliente della sua antica banca d'affari".

domenica 15 agosto 2010

I CELTI E LA VENERAZIONE DELLA NATURA

Risultati immagini per I CELTI E LA VENERAZIONE DELLA NATURA


Nell'umanità è insito un desiderio innato di accostarsi ai fenomeni naturali con timore reverenziale. L'originaria credenza di percepire un segno soprannaturale in ogni manifestazione fa in modo che ogni elemento della Natura sia un'espressione diretta del potere divino.
L'antico popolo dei Celti, originari della Germania meridionale, considerava la Natura meravigliosa e con poteri straordinari: non rappresentava, infatti, soltanto il mondo quotidiano, ma era identificata anche come una madre potente, talvolta generosa e talvolta crudele, che appariva in forme diverse, trasformandosi continuamente dall'una all'altra senza leggi e schemi.La Natura, dunque, era una divinità con l'attributo di modificarsi e identificarsi in molteplici fenomeni. Una forza permeava la Natura: ogni essere animato ed inanimato aveva una sorta d'anima magica ed era invaso da spiriti sia malvagi, sia benevoli.
I Celti, che erano dediti alla coltivazione e all'allevamento, veneravano la Grande Madre Terra ("Don", "Dona", "Danu" o "Anu" nei diversi linguaggi delle popolazioni celtiche), che, secondo la leggenda, sedeva sul trono collocato nella costellazione circumpolare di Cassiopea.Grande Madre Terra, considerata progenitrice di tutte le genti, se unita al dio della tribù, rappresentava il legame stretto tra il popolo ed il suolo fertile e generoso. Un elemento venerato in forma divina era l'acqua, ora compiacente, ora implacabile, il cui mormorio ricordava una voce misteriosa, che proveniva dal profondo della Terra. Senza l'acqua, inoltre, non era possibile la vita: soltanto dove c'era acqua in abbondanza la tribù poteva stabilirsi. Se adeguatamente trattata con incantesimi, essa era utile per trarre profezie. E non solo: essa rappresentava fecondità e sacralità, simbolo di purificazione e guarigione. Innumerevoli sono le leggende su fonti sacre e guaritrici. I Druidi (sacerdoti depositali della verità e della saggezza, custodi della sapienza e delle tradizioni popolari celtiche) utilizzavano l'acqua lustrale, ossia l'acqua in cui veniva spento un tizzone preso dall'altare dei sacrifici (considerati come la metamorfosi tra la vita e la morte ed erano il mezzo per la rinascita nell'aldilà), per allontanare i malefici e la cattiva sorte. Per i Celti, l'acqua era strettamente collegata al fuoco, entrambi considerati i due elementi primordiali. I Druidi sostenevano che alla fine del mondo avrebbero regnato soltanto acqua e fuoco, mentre tutto il resto sarebbe scomparso. Ciò che profondamente impressionò il popolo celtico e destò timore reverenziale fu la presenza delle montagne, soprattutto se inaccessibili e coperte di neve. Il culto dei monti era stimolato dalla percezione che il terreno fosse stato sospinto verso l'alto da una forza interna, che incurvava il suolo piatto, opera di una forza divina. Non a caso, infatti, i templi celtici erano siti sulla vetta incontaminata di monti sacri, ritenuti luogo eletto per manifestazioni divine, oppure nelle ombrose foreste. Un altro mondo, per l'appunto sacro per eccellenza per i Celti, era il bosco montano. Assai particolare, infatti, fu la venerazione degli alberi. La perdita autunnale delle foglie e la rinascita in primavera fornivano la prova dell'indistruttibile energia vitale della Natura. E più sorprendenti ancora erano certamente gli alberi sempreverdi: anche nella stagione invernale davano prova dell'invincibile potere della Natura.
L'albero sacro era la quercia, il cui legno era usato nei fuochi per il suo lento e duraturo ardere. Anche il vischio che cresceva sulle querce aveva proprietà magiche e curative, giacché, non avendo radici a Terra, era considerato un dono degli dei direttamente dal cielo. Il nome celtico della quercia "Duir" significava "porta, ingresso" ed essa rappresentava l'ingresso nel mondo delle verità soprannaturali.Interessante è notare come i Druidi andavano alla ricerca della sacra pianta del vischio, considerato una potente protezione contro ogni tipo di forza maligna, con particolari riti: vestiti di tuniche bianche si arrampicavano sull'albero, per raccoglierlo con particolari movimenti, separandolo dalla quercia con un coltello purificato.Il vischio doveva essere tagliato soltanto ad una particolare fase della Luna, normalmente all'inizio dell'anno, e i Druidi lo potevano cercare solo dopo aver avuto una visione che li conduceva direttamente alla pianta da raccogliere.Non avere visioni per un lungo periodo di tempo e la caduta spontanea del vischio sul terreno erano ritenuti cattivi presagi che avrebbero portato sventura.
II nocciolo era considerato, invece, l'albero della sapienza: mangiare i suoi frutti accresceva la conoscenza. Secondo una leggenda, presso un bosco di noccioli si trovava una sorgente nella quale vivevano cinque salmoni che si nutrivano delle nocciole provenienti dal bosco sacro. Erano i salmoni della sapienza e colui il quale sarebbe riuscito a cibarsi di uno di essi avrebbe conseguito un gran sapere. Inoltre, il legno di nocciolo era utilizzato in rituali notturni per garantire fertilità alle donne. I Druidi per cerimonie magiche e divinatorie usavano legno di nocciolo, tagliato soltanto in una notte di luna piena e per di più doveva essere giovane e in fase di crescita, al fine di conservarne a lungo il proprio potere.
Il salice aveva anch'esso un ruolo molto importante nel mondo druidico ed era connesso al dono della profezia. Era, inoltre, usato durante il rituale della vestizione con pelli d'animali al fine di raggiungere un più profondo contatto con la Natura e i suoi poteri.
Tra i frutti, invece, è stato tramandato che la mela regalava l'immortalità, poiché era simbolo del Sole se tagliala a metà orizzontalmente mostrava la stella a cinque punte.
Il mondo celtico evoca un decorso vitale in piena armonia con la Natura, la cui profonda conoscenza è presupposto di un'affascinante attrazione. La popolazione celtica, custode di ritmi, di valori e di conoscenze perdute forse per sempre, è messaggera di un universo d'assoluta armonia, che seduce al punto da scatenare l'interesse nei segreti della magia, nascosta forse nell'io personale più recondito. Imparare a comunicare con le foreste, ad esempio, è una via per la conoscenza profonda di se stessi, che quasi impaurisce, poiché custode di segreti ancestrali, di fantasmi personali, di mistici vincoli. Il popolo dei Celti rappresenta ciò che l'umanità non è più e che forse allo stato attuale ha paura di riscoprire, negando la veridicità.

Dell'amica Rosa Maria Mistretta

Federico il Grande




Federico Zeri (1921-1998) è stato uno dei maggiori storici d'arte italiani. La sua carriera si è svolta ai margini delle università e delle consorterie dei musei.Uomo libero dotato di grandiosa genialità, maestro in uno dei momenti più tragici della storia Italiana. Sempre schierato contro il potere politico, che ha sempre ostacolato la conoscenza e l'evoluzione del Paese. Zeri ha sempre documentato e criticato l'abbandono, il degrado e le distruzioni del patrimonio artistico italiano.
Sei sempre con noi!

venerdì 13 agosto 2010

In nome della liberta di pensiero e di stampa





Per firmare, mandate un messaggio all'autore di questo comunicato, Paul-Eric BLANRUE


eugenie.blanrue@laposte.net










In Francia, uno scrittore, padre di otto figli,
è in carcere per le sue ricerche storiche.


E la stampa cosiddetta "libera" non ne parla!




Nato nel 1969, sposato e padre di otto figli, il Francese Vincent Reynouard è laureato in ingegneria chimica presso l'ISMRA ("Istituto delle scienze dei materiali e delle radiazioni atomiche") a Caen in Normandia. Egli si presenta apertamente come un cattolico tradizionalista e non nasconde le proprie idee politiche ultra-conservatrici. Ma il fatto più rilevante è che egli contesta pubblicamente, per mezzo di DVD e scritti, la versione classica della storia della Seconda Guerra Mondiale. È uno di quei ricercatori che affermano di essere "revisionisti" e che sono qualificati come "negazionisti", poiché non credono nell'esistenza delle camere a gas omicide nei campi di concentramento tedeschi.


Nel 2005 Reynouard ha scritto e inviato alle aziende autonome di turismo, ai musei e ai municipi un libretto di 16 pagine dal titolo "Olocausto? Ciò che se vi nasconde...", in cui sostiene il contrario della storia accademica. La giustizia francese lo colpì immediatamente.


Nel 2007 al termine del processo istruito contro di lui dal tribunale penale di Saverne (Alsazia), fu condannato ad 1 anno di prigione senza condizionale, una multa di 10.000 euro e 3.000 euro di danni per la lega anti-razzista, "LICRA". In appello, nel giugno 2008, la corte di Colmar confermò la condanna in prigione e lo condanna a pagare un totale di 60.000 euro (20.000 euro di multa + la pubblicazione forzata e spese legali). Cose mai viste!


Siccome Reynouard risiede in Belgio, la Francia ha emesso contro di lui un mandato di cattura europeo per costringerlo a scontare la pena di un anno di prigione ordinata dalla corte d'appello. Il 9 luglio scorso viene incarcerato dalla polizia belga, in attesa della sua estradizione verso la Francia. Tutto ciò porta l'interessato a dire: "Quando non si pensa che alla prigione per sbarazzarsi di un contraddittore, è perché non si hanno argomenti."


Conclusione: un uomo di 41 anni, padre di otto figli, è attualmente in carcere per le sue ricerche storiche, a causa della legge Gayssot.


Questa legge, promulgata nel Journal Officiel della repubblica francese il 14 luglio 1990, vieta, all'articolo 24bis, il fatto di "contestare (...) l'esistenza di uno o più crimini contro l'umanità quali definiti dall'articolo 6 dello statuto del Tribunale Militare Internazionale [detto di Norimberga], allegato all'accordo di Londra dell'8 agosto 1945."


Nel mio libro Sarkozy, Israël et les Juifs (Oser Dire, [Belgio], 2009), ho ricordato che questa legge liberticida è stata fortemente criticata da persone come l'accademica francese Simone Veil; il segretario permanente dell'Accademia francese, Hélène Carrère Encausse; dai ministri Jean Foyer, Jacques Toubon, Alain Peyrefitte; gli storici Henri Amouroux, Pierre Vidal-Naquet, Annie Kriegel, Francois Furet, Alain Besançon, Jacques Willequet e François Bédarida; la fondatrice dell'Institut de recherche Hannah Arendt, Chantal Delsol; il Premio Nobel per l'Economia nel 1988, Maurice Allais; gli scrittori Michel Tournier, Louis Pauwels, Michel Houellebecq, Philip Murray, Jean Daniel, Vladimir Volkoff, Michel Rachline e Alain Robbe-Grillet; i magistrati Philippe Bilger, Alain Marsaud e Raoul Béteille; gli avvocati Olivier Duhamel, Anne-Marie Le Pourhiet, Emmanuelle Duverger, André Decoq e Guy Carcassonne; gli avvocati Jacques Vergès e John Bastardi Daumont; il filosofo Paul Ricœur; l'umorista Bruno Gaccio; dei difensori della libertà di espressione come il fondatore di Reporters sans frontières Robert Ménard (che la denuncia come una "polizia del pensiero") e Gabriel Cohn-Bendit; i giornalisti Dominique Jamet, Delfeil de Ton, Alain Rollat, Albert du Roy, Philippe Tesson, Jacques Julliard e Ivan Rioufol; od ancora l'ex-presidente della Ligue des droits de l'homme, lo storico Madeleine Rebérioux. All'estero, il linguista americano Noam Chomsky se ne è dichiarato avversario assoluto. Per il fisico ed intellettuale belga Jean Bricmont, "la legge Gayssot è una regressione giuridica di secoli". I Presidenti Hugo Chávez e Mahmoud Ahmadinedjad hanno, nel frattempo, condannato severamente questa repressione.


A noi spetta, ormai, difendere la libera espressione nei fatti e non solo in teoria. Perché non si sente nessuno denunciare pubblicamente la sorte riservata a Vincent Reynouard? Cosa fanno Reporters sans frontières, Amnesty International e Human Rights Watch? Nessun media, né francese né straniero, ha informato su questo caso. Tale silenzio è anormale.


Personalmente, ho deciso di agire come storico e cittadino, e di far conoscere, con questo comunicato, quanto sia indignato dal fatto che, nel nostro paese, si getta in prigione un uomo per le sue opinioni, per quanto insolite, stupefacenti e controverse possano essere. Tale trattamento è indegno della Francia e della sua tradizione intellettuale. La legge non deve intervenire nella definizione della verità storica: questa è la funzione degli storici. La legge Gayssot, che ristringe la libertà del ricercatore, è indegna di uno Stato democratico; è una legge scellerata. Richiedo, pertanto, la sua immediata abrogazione.


Spero di essere presto affiancato da decine, centinaia, migliaia di altre persone non potendo restare indifferenti davanti a questo scandalo che nuoce gravemente all'immagine della Francia e viola lo spirito della Repubblica.


Coloro che vogliono firmare con me questo comunicato possono inviare il proprio nome e le loro informazioni a questo indirizzo: eugenie.blanrue@laposte.net. Non si tratta di sostenere le idee religiose, politiche o storiche di Vincent Reynouard, ma di difendere il suo diritto di esprimerle. Per contestarle basta un dibattito democratico, aperto, franco e leale.


Faremo il punto sulle firme per questa petizione alle fine del mese di settembre. Nel frattempo, grazie di diffondere questo testo al massimo.


Paul-Éric Blanrue,
Storico,
Fondatore del Cercle zététique,
Autore di Sarkozy, Israël et les juifs (Oser dire, [Belgio], 2009)

sabato 7 agosto 2010

Il cimitero da dimenticare, l'altra storia

Risultati immagini per Il cimitero militare delle truppe francesi a Monte Mario in Roma
Niente può eguagliare l’orrore che investì le "marocchinate": è una brutta parola, ma allora la usavano tutti e si capiva subito di cosa si parlava. Non solo marocchini, ma anche tunisini, algerini, ecc. Gli storici furono come sempre bloccati, lasciando praticamente sguarnita di studi e ricerche quella pagina dolorosa della nostra storia. Certi eventi, accaduti intorno alla Linea Gustav, non hanno trovato il giusto spazio nei libri della storiografia ufficiale. Voluta da Hitler nel settembre del 1943, 230 chilometri di barriera difensiva, dal Tirreno all’Adriatico partiva da Gaeta, al confine tra Lazio e Campania fino alla foce del Sangro, a sud di Pescara. La città ciociara di Cassino ne era il nodo. Saranno i soldati del generale francese Alphonse JUIN a ricevere l'ordine di sfondarla. 110 mila soldati: francesi, marocchini, algerini e tunisini sono gli uomini del C.E.F., il Corpo di Spedizione Francese, guidato dal generale JUIN, comandante deciso e ostinato. Ai suoi ordini anche i 12 mila goumiers, arruolati e addestrati sulle montagne dell’Atlante in Marocco.

Il contingente marocchino agli ordini del generale JUIN, i “goumièrs”, sfondano per primi il 13 maggio 1944, i capisaldi della linea Gustav. I tedeschi sono costretti ad arretrare. I profughi vedono arrivare i liberatori. Ma proprio in questi giorni di liberazione ha inizio un saccheggio senza precedenti: i goumiers devastano, rubano, uccidono, violentano. Donne, bambini, ma anche uomini, sono il loro “bottino di guerra”. Le marocchinate, una brutta definizione, ma da allora usata da tutti in quei luoghi e si capisce subito di cosa si parla. Sono le donne che hanno subito la violenza dei soldati marocchini, gli efferati liberatori dall'occupazione tedesca. I goumiers inoltre andavano all'attacco salmodiando la Chahada, catturavano i tedeschi per rivenderli (500-600 franchi per un soldato semplice, il triplo per un ufficiale superiore) ai militari americani desiderosi di costruirsi una reputazione guerriera senza rischiare. In Marocco ovviamente sono gli eroi di Cassino.

Ma quanti furono gli stupri? Le cifre non sono mai state precise. La furia delle truppe marocchine ha sin dal primo momento assunto le caratteristiche di uno stupro di massa. Ma come è stato possibile che soldati comandati da ufficiali francesi, inquadrati nella V armata americana, abbiano potuto infierire sulla gente del luogo senza alcun controllo? In questa ricerca della verità partiamo, anche se può sembrare paradossale, da un misterioso proclama, attribuito proprio ad Alphonse JUIN: "...oltre quei monti, oltre quei nemici che stanotte ucciderete, c’è una terra larga e ricca di donne, di vino, di case. Se voi riuscirete a passare oltre quella linea senza lasciare vivo un solo nemico, il vostro generale vi promette, vi giura, vi proclama che quelle donne, quelle case, quel vino, tutto quello che troverete sarà vostro, a vostro piacimento e volontà. Per 50 ore. E potrete avere tutto, fare tutto, prendere tutto, distruggere e portare via, se avrete vinto, se ve lo sarete meritato. Il vostro generale manterrà la promessa, se voi obbedirete per l’ultima volta fino alla vittoria...".



Cimitero Militare Francese a Monte Mario - Roma
di wallace » dom giu 03, 2007 9:31 am

Monte Mario è ricco di monumenti di tutte le epoche: strade romane, avanzi di ville rustiche, tombe cisterne; ville rinascimentali, fra le quali primeggia Villa Madama con il ricordo di Margherita d'Austria e dei papi di Casa Medici, la Villa Mellini, quattrocentesca, ora Osservatorio astronomico col suo museo, che ricorda Copernico, e i casali omonimi, da poco restaurati; la seicentesca Villa Stuart, ora clinica; chiese venerabili come la Madonna del Rosario, la cui origine risale all'umanista Giano Nicio Eritreo e che conserva l'eco delle musiche che vi compose il grande Liszt, la chiesa dell'Università Cattolica del Sacro Cuore: tutti monumenti storici o artistici. A questi, dopo il 1870, si sono aggiunti i forti: il Forte Monte Mario e il Forte Trionfale, due baluardi facenti parte della grande cerchia di fortificazioni che, che ci ha spiegato recentemente un esperto militare durante una visita guidata a quest'ultimo forte, dovevano in teoria difendere Roma da un ipotetico sbarco di truppe francesi a Civitavecchia, per restituire il potere temporale al Papa, cosa che non avvenne mai.
Vi è invece, sempre a Monte Mario, un monumento quasi sconosciuto ai piu': il Cimitero Militare Francese dove riposano i soldati francesi e nordafricani sbarcati a Napoli nel novembre 1943 e caduti in battaglia combattendo durante la Campagna d'Italia. Il cimitero (che si è aggiunto agli sterminati cimiteri americani, inglesi, polacchi, brasiliani, tedeschi) è ubicato in una angolo nascosto ma dominante sulla Città, all'estremità di via dei Casali di Santo Spirito, una traversa quasi campestre dell'aristocratica via della Camilluccia, sbarrata da un grande cancello fiancheggiato da due pilastri di pietra grigia sormontati da una fiamma scolpita con la scritta "Cimitière Militaire Française - Campagne d'Italie 1943 - 1944".
Varcando il cancello, ci si sente circondati da un'atmosfera immobile e silenziosa, quasi irreale: si entra in un passato relativamente recente e doloroso, ma purtroppo già dimenticato da molti, che ci sembra doveroso ricordare nel mese di novembre.
Il lungo viale d'entrata, largo, arioso, è sereno, ma sul suo lato destro si erge una collinetta tagliata a gradoni, piantata ad ulivi, pini e cipressi e ricoperta di un tappeto di erba verdissimi, frammista a fiori di campo, bianchi, gialli, azzurrini, a cui si levano tante file di croci di marmo, tutte uguali, ed anche, in altri settori, piccole stele, anch'esse di marmo bianco, con incisa la mezzaluna islamica: sia sulle une sia sulle altre, un nome e la scritta "Mort pour la France" e una data, quella della morte in combattimento. Su alcune, invece del nome, è inciso "Inconnu".
Procedendo per il viale, si scoprono sempre nuove croci e nuove stele; si arriva infine ad un piazzale sovrastato da una gradinata che conduce ad un grande blocco di marmo, simile ad un altare, sulla parte anteriore del quale è scolpita la figura di un uomo giacente, dolente immagine di morte (opera dello scultore Fenaux del 1948). Sul retro del monumento è inciso l'emblema della Francia libera: il gallo Chantecler e la Croce di Lorena e i nomi di battaglie combattuti dalle truppe francesi, tunisine, marocchine, algerine sotto il comando del generale Juin che si unirono al Quinta Armata del genrale Clark e poi all'Ottava Armaya britannica, sostenendo in dicembre duri combattimenti sui monti innevati dell'Abruzzo, dove subirono gravi perdite.
Quindi, dopo lo sbarco degli Alleati ad Anzio del 20 gennaio 1944, uniti ai polacchi, inglesi, neozelandesi, indiani, le truppe franco - tunisine collaborarono a sbloccare l'impasse di Monte Cassino, e poi, nel maggio nella valle del Liri i carri armati francesi costrinsero i tedeschi alla resa. Dopo di che l'offensiva alleata continuò ad avanzare, finchè il cinque giugno i generali Clark e Juin entrarono a Roma.
I francesi continuarono poi ad avanzare verso il nordo ed in luglio liberarono San Gimignano e Siena. Dei 125.0000 combattenti circa 7.000 furono uccisi, 23.500 feriti e 2.100 dispersi. Le spoglie di 1.710 caduti riposano a Roma e 4.345 a Venafro nel Molise. Altre salme furono restituite, a spese dello stato francese, alle famiglie che ne fecero richiesta, ma le loro tombe rimasero in questo cimitero.
Il terreno per il cimitero di Monte Mario fu concesso da un Decreto reale del 5 luglio 1945, su proposta dell'allora Primo ministro Alcide De Gasperi.
Il 3 novembre 1946 il generale Juin pose la prima pietra del monumento e l'11 novembre 1947 il cimitero fu inaugurato dall'allora ambasciatore di Francia a Roma, ed ogni anno, sotto il pennone dove sventola la bandiera francese, l'11 novembre (festa che corrisponde al nostro 4 novembre) viene celebrata una cerimonia commemorativa.

venerdì 6 agosto 2010

I giardini edenici


Questi giardini edenici li possiamo anche chianmare Viridarium. Luoghi non solo ameni, ma usati per la cura, muniti di fontane, di piccolissimi corsi d'acqua che li solcavano con piante arboree diverse colme di deliziosi frutti e intercalati alle piante e arbusti da fiore (che poi le piante da frutto e da fiore sono difficile da distinguere. i frutti pregiudicano i fiori) era la verzura, un orto inserito nell'incantevole contesto di luogo che anticipava il meritato paradiso dove i colori e squisite verdure nutrono il corpo e l'anima. I Veneziani del XVI secolo li avrebbero chiamati Broli erano luoghi di incontro, salotti per artisti, colmi di frutti, fiori, di erbe aromatiche, medicinali e verdura...
I giardini Orientali sono portati a Roma da Lucullo che se ne fa costruire uno copiando i canoni del giardino orientale . I Rosa+Croce stimmatizzano nella lporo pratica terapeutica il giardino costruito in un modo preciso per curare le malattie della mente e dell'anima.
Rivedo sempre volentieri uno dei più stupendi "Viridarium" d'Italia:Villa Valsanzibio sita ne comune di Battaglia terme in provincia di Padova.
Riguardo l'antichità classica, sarebbe interessante approfondire il concetto che avevano Greci e Romani del giardino inteso come luogo paradisiaco che appaghi ogni desiderio e necessità spirituale e materiale e possibilmente ricostruibile nei propri ambienti di vita quotidiana. Vedasi a tal proposito l'immancabile richiamo dei Campi Elisi e del Giardino delle Esperidi. Il mitico albero dei "POMI d'oro" che ivi cresceva invita ad un doveroso parallelismo con l'albero del frutto proibito dell'Eden biblico.
Sarebbe interessante approfondire il concetto che avevano Greci e Romani del giardino inteso come luogo paradisiaco che appaghi ogni desiderio e necessità spirituale e materiale e possibilmente ricostruibile nei propri ambienti di vita quotidiana. Vedasi a tal proposito l'immancabile richiamo dei Campi Elisi e del Giardino delle Esperidi. Il mitico albero dei "POMI d'oro" che ivi cresceva invita ad un doveroso parallelismo con l'albero del frutto proibito dell'Eden biblico.

domenica 1 agosto 2010

Origene


Le idee di Origene stanno ritornando. Origene alievo di Ammonio Sacca anima e da vita a quel cristianesimo dei primi secoli che risultera perdente, ma colmo di una sapienza a cui non si potra rinunciare, perciò nonostante l'emarginazione le sue intuizioni erano indispensabili . Grande figura che segna il pensiero teologico nel passaggio fra il mondo Pagano e quello cristiano. Origene parla dell'anima e delle sue trasmigrazioni o metemsomatosi. Morirà da martire come il padre per le torture subite, ma la chiesa non lo proclamerà mai santo. Arrivo ad evirarsi e questo atto fu fortemente criticato nell'ambito cristiano, (forse i problemi che emergono prepotentemente oggi di pederastia e di malcostume eclesiastico esistevano anche allora) riprendeva intelligentemente antiche forme di religiosità presenti negli antichi culti orientali. La sua idea è legata all'ascesa della parte più spirituale dell'essere (anima appunto). Un cammino di liberazione che si muove dal basso verso l'alto dove la materia lentamente si "pulisce" concetto anche questo legato al mondo cristiano Gnostico . Afferma che l'inferno è un luogo di passaggio e non di permanenza, e il fuoco è necessario per pulire l'anima, Hans Urs von Balthasar riprendendo questo rivoluzionario conceto dirà che: l'inferno esiste ma non c'è nessuno.Nonostante che molti scritti di questo iniziato furono volutamente persi, rimangono ancora molti suoi saggi carichi di sapienza e di concetti teologici straordinari vicini alle problamatiche esistenziali anche dei nostri tempi